DE CHIRICO PROFETA (by Germano M. Rosa)

Dall'”Il y a” al “Yin e Yang” al “Manichino”

Il nome neutro , attributo di ciò che è ancora inanimato…”Il y a”…si caratterizza per il suo essere ne-uter, ovverosia “né l’uno ne l’altro”.

Nel racconto della Genesi, Dio chiama all’essere le cose e i viventi separando gli elementi complementari (luce e tenebre, acque inferiori e acque superiori), nominando (e perciò distinguendo) il giorno e la notte, la terra e il firmamento.

Maschio e femmina.
A sottolineare il fatto che ogni singolo essere umano è per sua natura aperto al completamento, votato alla relazione.
La diade maschile-femminile costituisce l’archetipo della contrarietà elementare che ricorre come una costante anche in altre tradizioni culturali, quale fondamento della manifestazione universale (si pensi all’induismo, alla filosofia greca, allo gnosticismo cristiano).

Come la generazione animale avviene attraverso l’unione del maschio e della femmina, così ogni processo del mondo naturale è generato della tensione dei due termini complementari.

Nella nostra epoca, la concezione duale-relazionale della natura umana e il principio metafisico che la sottende appaiono come concezioni arcaiche, che hanno dato origine a descrizioni del mondo basate sulla gerarchia, sull’opposizione, sulla conflittualità. Nel tempo della postmodernità, l’idea che il conflitto e l’opposizione dei distinti siano il fondamento della realtà è tramontata, per lasciare spazio a un’idea di medesimezza, di uguaglianza indifferente, di assenza di ogni struttura fondante.

In ambito antropologico (ossia in tutto ciò che si riferisce all’essere umano e al suo posto nel mondo), la teoria della dualità primordiale ha subito un lungo processo di critica e destrutturazione, il cui esito estremo è la ben nota teoria gender. Il presupposto fondamentale degli studi di genere è proprio l’assoluta negazione del dimorfismo sessuale e della polarità maschio-femmina. Quest’ultima viene combattuta come ipotesi arbitraria, che ostacola il libero sviluppo della persona umana. L’ideologia gender si fonda invece sul principio della neutralità, secondo cui non esistono in natura femmine e maschi (il cosiddetto “binarismo”), ma tante identità sessuali quanti sono gli individui, liberi di percorrere uno spettro tendenzialmente infinito di possibilità (gender spectrum). In una tale prospettiva, il corpo non rappresenta più un destino, un limite, un vincolo identitario; i caratteri sessuali che ogni corpo umano manifesta sono considerati come un mero accidente, come un dato di natura modificabile e non vincolante.

Al concetto di “sex” (“sesso biologico”) viene perciò sovraordinato il concetto di “gender” (il “sesso psico-sociale”). Completamente slegata dal corpo, l’identità di genere è una rappresentazione di sé che integra e “sovrascrive” il sesso corporeo.

L’identità di genere è intesa come una costruzione culturale originata da un flusso di stati soggettivi (vissuti, idee, inclinazioni) che mutano costantemente, liberando così l’individuo dalla fissità, dal peso della scelta irreversibile, dalla finzione del ruolo sociale. Viene con ciò teorizzata una sorta di capacità autopoietica (il produrre sé stessi), poiché l’individuo – oramai libero da vincoli esterni, al riparo da ogni oppressione dell’autorità, supportato dalle biotecnologie – continuamente crea e trasforma sé stesso, obbedendo soltanto a una legge interna.

L’individuo postmoderno – tendenzialmente unisex, privo di un centro interiore, sfuggente, disincarnato – può essere rappresentato alla nostra immaginazione come un manichino. La teoria del “corpo-appendino” è stata elaborata da Judith Butler, influente filosofa e teorica gender. Nel suo studio Undoing gender (Disfare il genere, 2004), Judith Butler paragona il corpo a un “appendiabiti”, un mero supporto su cui adagiare i nostri abiti, ossia le differenti costruzioni culturali riguardanti la personalità, i comportamenti, la sessualità. L’attaccapanni e la sua forma risultano ininfluenti rispetto alla foggia del vestito. Allo stesso modo, la materia corporea non può condizionare ciò che appartiene alla sfera della cultura e della libertà.

I caratteri sessuali del manichino sono dunque appena abbozzati, al punto che soltanto l’abito definisce la sua appartenenza; e qualsiasi abito può essere dismesso. Il manichino non manifesta nel proprio aspetto fisico il limite, ossia l’appartenenza a uno dei due poli; si presenta come indifferenziato e autosufficiente. Come il manichino, l’individuo indifferenziato sembra privo di identità, di un solido centro interiore, di un ubi consistam, di una forma. Il suo desiderio sconfinato di sfuggire il limite (la parzialità, il corpo sessuato, il confine) sembra consegnarlo all’anonimato e all’inconsistenza.

Questa visione dell’umanità – caratterizzata dalla desimbolizzazione del corpo-appendino – ha inevitabilmente un corrispettivo nel modo di guardare e decifrare il mondo. L’esperienza che l’essere umano fa del mondo passa infatti attraverso il corpo, quale centro di manifestazione di ogni realtà, quale medium formatore del soggetto e dell’oggetto. Il mondo interiore e il cosiddetto “mondo esterno” sono colti attraverso un corpo che, in essenza, è un’indissolubile unità di materia e spirito, di natura e cultura.

Ebbene, è un corpo impoverito e desertificato quello descritto dagli studi gender; è un corpo che di conseguenza abita un mondo svuotato di simboli e di significati, governato dai principi di indistinzione, di medesimezza, di eguaglianza senza libertà.
Il nostro compito è allora quello di combattere l’astrattezza, per ritornare al corpo vivo, alla nuda realtà.

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BRAVE NEW WORLD

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DE CHIRICO PROFETA (by Germano M. Rosa)ultima modifica: 2016-03-20T15:08:59+01:00da allan11
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