IL GENDER E’… (by Germano M. Rosa)

…la più coerente manifestazione di una tendenza fondamentale del nostro tempo. Proviamo a spiegarci meglio. La cultura gender esplicita e consolida il ruolo assoluto e preminente che l’individuo ha conquistato nel mondo contemporaneo. In certo senso, si può dire che esiste soltanto l’individuo, un individuo prometeico, che trova solo in sé stesso la legge del proprio sviluppo. Se nelle società che chiamiamo “tradizionali”, il soggetto trova fuori di sé il completamento, la norma che lo definisce e lo guida (il trascendente, dio, la religione, la comunità); nel mondo postmoderno viene meno il vincolo, il limite che dava forma alla vita dei singoli. L’esterno perde consistenza, il limite viene semplicemente rimosso. Non si tratta dunque di un’interiorizzazione del limite; siamo dinanzi a una rimozione di ogni vincolo. Con la cultura gender tale tendenza è giunta a un livello estremo di espressione: persino la finitezza e la condizionalità del corpo fisico vengono negate. Il corpo è un limite che può e deve essere superato.

Libertà dal corpo

Primo dato. Le biotecnologie applicate alla riproduzione umana e l’ingegneria genetica determinano un progressivo impoverimento del concetto stesso di corporeità, in quanto tendono a separare – nella percezione collettiva – corpo, sesso e riproduzione. Ma un corpo pensato separatamente dai tratti e dalle energie sessuali non è più tale, poiché assume i caratteri astratti di un dispositivo biologico che può essere plasmato, migliorato e geneticamente ingegnerizzato. Non più, dunque, maschi e femmine, ma – più astrattamente – esseri umani che non intendono subire il corpo come un destino, come un dato di natura che condiziona e precede – con la sua opacità – ogni scelta identitaria. Ciò che le tecno-scienze oggi promettono è proprio l’invenzione di uno spazio enorme di libertà individuale, attraverso l’affrancamento dalle dipendenze, dalle costrizioni e soprattutto dal bisogno di relazione che ogni corpo porta con sé. Con questa promessa, l’ingegneria della vita incide sui nostri modelli di pensiero e sul sentimento d’identità personale, influenzando i comportamenti collettivi a livello planetario.

Si va oggi affermando un essere umano disincarnato, che non abita il proprio corpo, che vive sospeso a mezz’aria, che non fa delle fragilità e delle innumerabili potenzialità del corpo la base per rivelare il proprio Sé. Nel tempo della postmodernità, la “costruzione” dell’identità personale non è più vissuta come un faticoso processo di integrazione che, a partire dal dato biologico, integra aspetti sociali e culturali in una unità psico-fisica, generando un mondo di significati radicati e pensati nel corpo. In quanto de-sessualizzato, il corpo è percepito come un’entità astratta e depotenziata, racchiusa in una proiezione mentale.

Secondo dato. L’approccio queer (letteralmente obliquo, strano, bizzarro, frocio, gaio, deviante), che rappresenta un ulteriore sviluppo della costellazione gender, problematizza e destruttura il concetto stesso di genere, stabilendo che solo in una condizione di totale fluidità il soggetto desiderante esercita la sua piena libertà. Questa mutevolezza continua sovverte e destruttura ogni ordine e ogni cristallizzazione, perché nulla viene prima del soggetto: il corpo, il sesso, l’identità di genere, gli ordini sociali rappresentano sovrastrutture prive di utilità e di significato. L’individuo queer è immerso in un costante flusso di desideri ed esperienze che lo definiscono solo provvisoriamente. Si tratta – volutamente! – di un concetto paradossale e autocontradittorio di identità personale, in quanto separato dall’essenza: senza continuità, senza il permanere di tratti psicologici costanti non vi è identità. Identità è infatti ciò che rimane identico nel fluire dell’esperienza (così come per vedere serve un occhio! mutano le immagini, ma permane la capacità visiva).

Logomachia

Emerge qui un aspetto fondamentale della cultura gender, che potremmo definire come la sua azione eversiva, basata su un’azione di svuotamento semantico e impoverimento di parole e concetti. La battaglia ideologica gender è anzitutto una logomachia, cioè una battaglia contro il potere delle parole. L’oscurantismo, la società sessista, la cultura dell’eterosessualità normativa, il maschilismo, l’omofobia, il pregiudizio, la discriminazione, il razzismo e il mondo che li rappresenta devono essere combattuti portando al cortocircuito i concetti, le nozioni, le false evidenze su cui quel mondo si fonda. La totale relativizzazione decostruisce il vecchio mondo.

Ciò è straordinariamente evidente nel concetto di diritti fondamentali della persona. La teoria gender è intesa dai cittadini mediamente informati come proposta culturale per l’emancipazione femminile, omosessuale e delle minoranze etniche e linguistiche; ma come abbiamo visto essa è molto di più. Si pensi al tema controverso dell’omogenitorialità. La famiglia omoparentale (formata da due persone delle stesso sesso) è titolare di diritti che lo Stato deve garantire; fra questi vi è il diritto alla genitorialità. Se due uomini sposati desiderano avere un figlio biologico devono necessariamente ricorrere alla pratica dell’utero in affitto o, nel linguaggio degli attivisti gender, alla “gestazione per altri (detta GPA)” o “surrogazione di maternità”. Il loro desiderio/bisogno/diritto prevede la istituzionalizzazione di una pratica in cui sono coinvolte anche terze parti, cioè la donatrice di ovulo e la gestante, che ottengono un compenso per la loro prestazione. Ciò che per due ricchi occidentali è un diritto, per la donna indiana e povera – sottoposta a trattamenti ormonali e a gravidanze ravvicinate in apposite cliniche – è una pratica che garantisce reddito. Quel che qui genera contraddizione è la convinzione che il contratto di prestazione dietro compenso tuteli, preservi e riconosca i diritti di tutte le parti: la donatrice di ovulo (opportunamente selezionata), la madre naturale che rinuncia dopo il parto ai diritti parentali, la diade madre-bambino. Qui i diritti inviolabili delle persone e i bisogni profondi non sono intesi nelle loro complesse e difficili relazioni; qui il rapporto è per forza di cose asimmetrico, perché chi paga detta le condizioni. Ma – è bene ricordarlo – la libertà è in essenza un concetto relazionale, indica sempre un rapporto con un’altra persona titolare di diritti.

In modo del tutto paradossale, qui il “diritto al figlio” e alla genitorialità avanza insieme all’idea di generare figli senza l’altro sesso; ci si batte per la diversità, ma si finisce per occultare uno dei genitori biologici, la madre e il suo corpo. Qui l’espansione della soggettività desiderante non si arresta dinanzi al bisogno altrui. Concetti espressi in modo netto da Marie-Josephe Bonnet, storica e militante femminista, fondatrice del Fronte omosessuale d’azione rivoluzionaria (Fhar):

“Sono contro la maternità surrogata per principio. L’utero in affitto è lo schiavismo moderno. È un mercato, è l’apertura al commercio internazionale dei bambini e alla negazione del ruolo della madre, alla riduzione del corpo della donna a mero strumento atto a soddisfare i desideri di coppie agiate. Il messaggio che viene fatto passare è che tutto si compra e tutto si vende, compreso il potere ricreatore della donna. È uno scandalo che deve essere fermato.”

Favola bella

Ma, oltre l’istanza libertaria e il gesto dissacrante, l’individuo fluido e sfuggente conquista spazi di libertà? La risposta breve e diretta – con cui si intende problematizzare ciò che ormai vale come senso comune – è che la programmatica “rinuncia” a una forte caratterizzazione identitaria, a una forma interna porta con sé un contraccolpo: viene meno la possibilità di autodeterminarsi, cioè di stabilire quel campo di forza interiore che consente di agire in virtù di un fine e di un volere personali. Teorizzare che un soggetto inafferrabile e nomade sia in uno stato privilegiato, perché libero da schemi di pensiero condizionanti, è una favola bella. Per sfuggire a un signore o potere esteriore, bisogna stabilire un sovrano interiore (ciò che gli stoici chiamano hegemonikon).

L’affievolimento del confine identitario, di un confine netto fra un luogo dell’interiorità personale e il mondo esterno, pone l’individuo in una condizione di estrema solitudine e debolezza. Si potrebbe dire che egli assomiglia a un corpo privato del suo scheletro, ossia di quella struttura che certo lo condiziona nelle possibilità di movimento e di articolazione, ma al tempo stesso lo sostiene e gli consente di ergersi contro la forza di gravità. Ma qui c’è molto di più: nel tempo del capitalismo globale e della massificazione, ogni agire politico “anti-identitario” e antisistema ha esaurito la sua carica eversiva, perché il potere stesso (le forze omologanti, il mercato, gli apparati di produzione del consenso, la manipolazione tendente a creare il tipo umano conforme al sistema) si è appropriato di questo linguaggio e fa dell’abbattimento di ogni confine identitario il suo obiettivo. L’uomo strutturato e radicato (nel proprio corpo, nella propria sessualità, lingua, etnia, famiglia, comunità statuale, professione di fede) è un uomo meno disposto a cambiare opinione, più spigoloso e refrattario ai condizionamenti, meno volubile nelle abitudini di consumo e di vita. L’uomo sfuggente è invece un uomo bisognoso.

Pandemia sessuale

Il mercato globale sa – perché è stato ampiamente dimostrato e praticato – che la suprema forma di controllo non è convincere e propagandare, ma creare il tipo d’uomo portatore di bisogni e idee congeniali al sistema. Sembra che oggi l’individuo medio tenda a identificare la libertà personale con l’adesione all’ideologia che lo vuole intrinsecamente debole, disincarnato e – soprattutto – immerso in quella che Julius Evola definisce come “pandemia sessuale”. Tutto ciò è offerto all’individuo come via di emancipazione personale, come processo di differenziazione e di realizzazione della propria unicità. Il massimo asservimento è venduto come libertà.

La “pandemia sessuale” (intesa come banalizzazione del sesso, uso strumentale di riferimenti sessuali, costante esposizione a stimoli che portano a una caduta di tensione e di magnetismo sessuale negli individui) aggredisce proprio Eros, ossia la forza profonda da cui trae origine la spinta verso la riunificazione con le profondità della propria anima e con il trascendente.

Conclusione

La verità non sta nelle teorie. Nei temi che toccano profondamente la vita di ognuno, prevale sempre l’equazione personale, ossia la particolare disposizione delle facoltà interiori che influenza e orienta, come tendenza profonda, la visione del mondo di ogni individuo.

http://ad-alta-voce.blogspot.it/2015/10/sesso-e-destino.html

IL GENDER E’… (by Germano M. Rosa)ultima modifica: 2016-03-20T15:06:20+01:00da allan11
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