SUBMISSION

Nelle nuove forme invertite dell’umano, dove donne si rappresentano mentalmente come uomini e uomini come donne; in questo autentico solo *Costruttivismo* del pensiero, le donne hanno trovato un nuovo modo per essere sottomesse al maschile che reclama il suo uguale diritto a figliare.
Come, del resto, aveva perfettamente anticipato Georg Groddeck a Sigmund Freud stesso in persona, che lo voleva membro della neonata Società psicoanalitica, che l’invidia non era del pene da parte delle donne ma della potente creatività femminile da parte degli uomini, e che gli stessi hanno sempre rivendicato surrettizialmente come propria e che solo ora, grazie a questa servile *submission* in salsa Gender ha trovato, finalmente, la sua completa realizzazione.

Da sempre, infatti, l’uomo ha dato alla procreazione un contributo materiale solo biologico: la paternità tradizionale, infatti, consiste più nel fatto simbolico (il nome) che nell’esperienza vissuta.

Non così la donna, che alla procreazione dedica anima e corpo per mesi e anni, ricavandone gioie e dolori che ricorderà tutta la vita.
E che per farlo corre rischi per la salute e la vita stessa…”.

L’uomo ha da sempre voluto risarcirsi del contributo marginale e irrisorio, benché necessario, alla procreazione, proclamandosene protagonista e facendo della donna un mero strumento della sua realizzazione.
Ha praticato ferite che mutilassero le donne del piacere, riservandolo a sé, e riducendo loro alla materiale fertilità. Il figlio è stato ed è, nelle culture maschili, figlio del padre, in barba alla natura (Mater certa…).
L’uomo ha detto della (sua) donna che “gli ha dato un figlio”, o molti più di uno.
Ha inventato cerimonie in cui fingersi incinto e simulare in pubblico le doglie del parto mentre la donna partoriva in una capanna.
Ha proclamato solennemente la patria potestà: “Sono in potestà nostra i nostri figli, che abbiamo procreato…”.

L’ipertrofia culturale della paternità ha voluto, da sempre, vendicare la minorità naturale dell’uomo nella procreazione.

Sicché si è tentati di dire che la grandiosa e magnanima mitologia della paternità può essere definita, appena rovesciato il cannocchiale, come una *Paternità Surrogata*.
Senza pagare affitto, quanto all’utero.

Quindi, quella che definiamo oggi con il termine “Maternità surrogata” è solo una delle tante sofisticate modalità di quel neo-linguaggio atto solo ad occultare la realtà fattiva delle cose, e cioè che più propriamente trattasi di *INVIDIA SURROGATA* e che di nient’altro si tratta.

SUBMISSIONultima modifica: 2016-05-05T00:29:11+02:00da allan11
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