L’OSCENO CONCILIO VATICANO II°

Il Modernismo classico (Tyrrel, Loisy, Buonaiuti) è stato condannato da S. Pio X (Enciclica Pascendi, 1907). Il Neo-modernismo o la Nouvelle théologie (Congar, Chenu, de Lubac, Daniélou) è stato condannato da Pio XII (Enciclica Humani generis, 1950), ma sùbito dopo (1959) approvato da Giovanni XXIII, Paolo VI, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Infine l’Ultra-modernismo (Rahner, Küng, Schillebeeckx, Martini, Boff, Metz, Gutierrez) oggi con Francesco I cerca di annichilare, mediante il primato della praxis a-theologica, senza alcuna preoccupazione teologica neppure solamente pastorale, le ultime vestigia scampate allo tsunami del pastorale Vaticano II e del post-concilio di Wojtyla e di Ratzinger. Non si deve parlare più teologicamente e poi applicare i princìpi ai casi pratici, ma solo agire in maniera sacramentariamente accogliente verso tutti anche verso chi non vuol credere, né osservare la Legge naturale e divina. Questo è il dramma-Bergoglio!

Paolo VI ha teorizzato, Giovanni Paolo II ha messo in pratica nell’universo orbe e Francesco I ha portato al parossismo la prassi annichilatrice della teologia dogmatica ed anche pastorale. Si può fare un’analogia (cioè somiglianza/dissomigliante, in cui la dissomiglianza supera la somiglianza) con Marx, Lenin e Stalin riguardo al Socialismo scientifico: teorizzato dal primo, applicato dal secondo e portato alle conclusioni più estreme ed aberranti dal terzo.

Oltre la filosofia idealista e soggettivista della modernità vi è il nichilismo e il precipitare nell’abisso del nulla ove tutto affonda: “ex nihilo nihil fit”; così dopo il neo-modernismo vi è l’ultra-modernismo che sprofonda nel mare del nulla e nell’a-teologismo. Ora dopo il nulla vi è solo il nulla

Questo modo di sragionare ultra-modernisticamente ha “vinto” la battaglia presente. Il mondo, la scuola, la famiglia, persino gli uomini di Chiesa (col Concilio Vaticano II e il Vaticano III pratico-pratico di Francesco I) hanno respirato a pieni polmoni questa nube tossica chiamata modernità, post-modernità e strutturalismo.

Ecco il successo del progressismo.

CAZZOCOMUNISMO IN SALSA BERGOGLIANA

Romano Guardini, è il “propugnatore del rinnovamento ecclesiastico che si sarebbe realizzato nel Concilio Vaticano II” .
Ora se Guardini è stato un modernizzante è stato anche il caposcuola di Ratzinger, Hans Urs von Balthasar e della Rivista Communio, dal 1972 contraltare modernista moderato della Rivista Concilium del 1964 avanguardia del modernismo radicale (Rahner, Küng, Schilleebeckx), ed ha influito non poco sulla sensibilità estetizzante di Benedetto XVI circa la Messa tradizionale. Quindi occorre saper sfumare e far le dovute differenze circa la personalità di Bergoglio.

Il programma proposto da Francesco I è di de-ideologizzare inizialmente, incontrarsi, costruire ponti, abbattere steccati, evitare sterili diatribe dottrinali, portando avanti il “dialogo, dialogo, dialogo…”, agire assieme per poi pensarla inavvertitamente alla stessa maniera (“cogitare sequitur esse”). Così il modernismo, che oramai ha occupato l’apice dell’ambiente cattolico ed ecclesiale, chiede ai cattolici fedeli alla Tradizione di agire uniti per vincere il materialismo, l’ateismo. Alcuni cattolici fedeli in buona fede si lasciano convincere e agendo assieme ai modernisti finiscono per essere mangiati da loro, come “il pesce più piccolo è divorato da quello più grande”.

Tattica analoga del comunismo e del modernismo: incontrarsi non sul piano della dottrina, ma su quello dell’azione e dei fatti contingenti

Attenzione! Le insidie della “setta segreta modernista” (S. Pio X, motu proprio Sacrorum Antistitum, 1° settembre 1910) sono veramente simili a quelle della mano tesa dalla “setta catto/comunista”. I Comunisti come i Modernisti, infatti, non disdegnano la collaborazione dei cattolici. Anzi, la sollecitano (v. Antonio Gramsci, Ernest Bloch e Palmiro Togliatti), la provocano anche, mettendo in evidenza miseria e ingiustizie che possano suscitare l’indignazione e la reazione degli spiriti retti. E, purtroppo, spesso ottengono la collaborazione desiderata. Abituati ad agire in buona fede, i cattolici tendono molte volte a giudicare impossibile che, dietro considerazioni umanitarie, qualcuno possa nascondere un fine perverso. Finiscono così per impegnarsi, non per il movimento comunista, ma per la lotta a favore degli infelici, degli oppressi e dei sofferenti. E lavorano uniti, cattolici e comunisti, certi i primi che gli altri, come loro, desiderano sinceramente curare la società dalle piaghe che la infettano; più certi i secondi che l’agitazione umanitaria offrirà loro l’ambiente ideale per l’estensione del loro potere. Lavorando assieme finiscono, però, per pensare allo stesso modo, ossia i cattolici si lasciano incantare dalla sirena marxista e perdono la loro identità. Le modalità per presentare il comunismo in una salsa che seduce anche i cattolici sono le seguenti: farli incontrare non sul piano della dottrina, ma su quello dell’azione e dei fatti contingenti (la pace, la fame nel terzo mondo, le ingiustizie sociali …). Solo così si potrà convertire i cristiani al comunismo dapprima pratico e poi anche teoretico (cfr. E. Bloch, Karl Marx, tr. it., Bologna, Il Mulino, 1972). I “credenti” progressisti debbono essere affiancati dal comunismo e poi convertiti tramite l’azione comune (cfr. E. Bloch, Ateismo nel Cristianesimo, tr. it., Milano, Feltrinelli, 1976). Bloch ha gettato un ponte tra Cristianesimo e comunismo ed ha abbattuto i bastioni che difendevano il primo dalle insidie del secondo, ma il ponte è stato percorso a senso unico, ossia solo dal Cristianesimo verso il marxismo pratico.
Palmiro Togliatti a Bergamo il 20 marzo 1963 fece un discorso in cui, rifacendosi ad Antonio Gramsci, propose la de-ideologizzazione, invitando cattolici e comunisti a non scontrarsi su questioni di dottrina, ma ad agire assieme per la pace del mondo, evitando assolutamente “sterili diatribe dottrinali” (L. Gruppi, Antologia del compromesso storico, Roma, Editori Riuniti, 1977, P. Togliatti, Il destino dell’uomo, pp. 244 ss.). Come si vede, la tattica usata da Bergoglio nei confronti dei tradizionalisti è simile a quella dei comunisti nei confronti dei cristiani.
Ora occorre attendere e vedere quale sarà la prossima mossa di Francesco I verso il mondo della Tradizione, ma la sua personalità lascia intravedere che la politica della distensione e della mano tesa continuerà. Francesco I non è per la Teologia della Liberazione, anche se essa – per lui – non è totalmente condannabile ed ha dei “lati positivi” (p. 78). C’è sempre un “ma” o un “anche se” nel suo pensiero. Nulla è chiaro, preciso, definito e netto, ma tutto è fluido, confuso, contraddittorio ed in continua evoluzione.

L’OSCENO CONCILIO VATICANO II°ultima modifica: 2016-04-04T13:22:29+02:00da allan11
Reposta per primo quest’articolo