Ieri, oggi, domani

IERI

Dal punto di vista autenticamente storico, le due guerre mondiali, col loro seguito di piccole e grandi rivoluzioni, hanno avuto solo l’effetto di allineare, sulle posizioni storiche europee (reali o virtuali) più avanzate, le civiltà arretrate delle province periferiche. Se la sovietizzazione della Russia e la comunistizzazione della Cina sono più e altro che la democratizzazione della Germania imperiale (tramite l’hitlerismo) o l’accesso del Togo all’indipendenza, o addirittura l’autodeterminazione dei papuani, è unicamente perché l’attualizzazione cino-sovietica del bonapartismo robespierriano costringe l’Europa post-napoleonica ad accelerare l’eliminazione dei numerosi postumi più o meno anacronistici, del suo passato pre-rivoluzionario. Comunque, fin d’ora, questo processo d’eliminazione è più avanzato nei prolungamenti nord-americani dell’europa che non nell’Europa stessa.”

“Si può anzi dire, da un certo punto di vista, che gli Stati Uniti hanno già raggiunto lo stadio finale del “comunismo” marxista, visto che, praticamente, tutti i membri di una “società senza classi” possono appropriarsi fin d’ora di tutto ciò che desiderano, senza per questo lavorare più di quanto gli piace. Ora, in parecchi viaggi comparativi compiuti (tra il 1948 e il 1958) negli Stati Uniti e nell’U.R.S.S. mi sono formato l’opinione che, se gli Americani fanno la figura di cino-sovietici arricchiti, è perché i Russi e i Cinesi non sono che degli americani ancora poveri, anche se in via di rapido arricchimento. Sono stato indotto a concluderne che l’American way of life era il genere di vita proprio del periodo post-storico, dal momento che l’attuale presenza degli Stati Uniti nel Mondo prefigura il futuro “eterno presente” dell’umanità tutt’intera. Così, il ritorno dell’Uomo all’animalità appariva non più come una possibilità ancora di là da venire, bensì come una certezza già presente

Kojève si spinge ad un paragone in apparenza paradossale: gli americani come esponenti dell’ultimo stadio del comunismo russo. Come è possibile che il regno del capitalismo trionfante sia anche lontanamente apparentabile alla società comunista sovietica?
Kojève lo spiega con quella che potrebbe quasi sembrare una battuta: il nucleo del sogno americano è quello che ciascuno possa ottenere ciò che desidera, se si impegna a profondere l’impegno (economico) e la fatica (lavorativa) necessarie. Tutti uguali secondo i propri bisogni, tutti equiparati secondo le proprie necessità. In effetti la vicinanza a Marx appare evidente.

L’americanizzazione del mondo è avvenuta, come aveva predetto Kojève. L’American way of life è la vulgata del capitalismo trionfante, il modo di vita propriamente post-storico. Agisce per ondate di imitazione, per diffusione economica, e non per motivi eminentemente Storici. Sarebbe impossibile, d’altronde: siamo nella post-storia. Basta aprire il giornale, accendere la televisione, andare al cinema, comprare un vestito per rendersene conto.

OGGI

Nell’analisi politico-sociologica il capitalismo finanziario gioca un ruolo rilevante in questo processo. Come tutti i media di massa, il capitalismo finanziario nuoce all’investimento produttivo, non iscrivendosi più nel desiderio e nel lungo termine, ma nella pulsione e nel breve. La questione centrale dell’economia politica non è dunque quella relativa al consumo, ma quella del recupero-rilancio del desiderio, manifestamente in panne.

A detta di Stiegler & Co., il desiderio come lo intende il sistema industriale attuale porta alla distruzione del desiderio stesso, il che induce una demotivazione nel lavoratore e nel consumatore, pericolosa per lo stesso mercato. Esistono tecniche di fabbricazione artificiale della motivazione, ma queste tecniche hanno finito col distruggere la motivazione stessa. L’economia capitalistica ha utilizzato la potenza dell’artefatto come captazione del fantasma, così da fissare la libido sui suoi propri oggetti. Creando così un nuovo feticismo delle merci, oltre Marx.

Secondo questo schema, se l’energia del XIX secolo è stata quella del lavoro, nel XX secolo è stata quella del consumatore. Non è il petrolio il motore del capitalismo, ma la libido: l’energia libidinale dev’essere dunque canalizzata sugli oggetti di consumo così da assorbire le eccedenze della produzione industriale. Fin qui, mi sembra che il ragionamento tenga. Stiegler & Co. Aggiungono: si tratta allora di captare la libido, vale a dire di confezionare i desideri secondo le necessità degli investimenti. E su questo ho dei dubbi: in particolare, sulla capacità di confezionare (façonner) i desideri attraverso le protesi mnemotecniche. Si tratta forse di una sfumatura, ma continuo a ritenere che le mnemotecnologie (in testa la televisione) condizionino fin dalla radice le forme di consumo, semmai schermando la coscienza dai propri desideri, separandola dai propri desideri.
Lo sfruttamento manageriale ed illimitato della libido distrugge il desiderio e ciò che di propriamente umano è in noi. Nella prospettiva di Stiegler, il capitalismo è riuscito nell’impresa di cattivizzare la libido, desingolarizzandola. Ma una libido desingolarizzata non è più libido, bensì pulsione. D’altra parte, il capitalismo non sa che farsene neppure della pulsione e questa finisce con l’esplodergli in mano – un tratto forte della nostra epoca.
La distruzione del desiderio significa aprire le porte alle pulsioni. Ma il desiderio oscurato fa star male. Se le persone soffrono per i loro desideri repressi, si dà nevrosi, ma quando sofrrono per non provare più desideri, allora si tratta di psicosi. Un fenomeno mondiale e di massa, che dovrebbe esser compensato dall’iperconsumo. Ma più questo consumo compulsivo compensa la perdita di desiderio, più preserva quella perdita stessa.

Davvero la Politica è in crisi?
Il punto riguarda a mio avviso la categoria di mediazione in quanto tale e le sue strutture. È questa la grande sconfitta di questo inizio di secolo: la mediazione. E vorrei sostenere che la sua crisi s’intreccia a quello del desiderio. come nel successo, tutto da confermare, del Movimento 5 Stelle in Italia.

Cosa ha a che fare tutto questo col desiderio ed il godimento? L’essenziale. Perché, mentre il godimento sembra caratterizzato essenzialmente dall’immediatezza, il desiderio è di per sé una mediazione tra i propri impulsi e quelli che ci attraversano, per cui nel desiderare possiamo dire di essere desiderati. Per di più, il desiderio comporta una temporalità articolata senza un fuoco fisso, potendosi declinare sull’oggi, sullo ieri -come nell’appuntamento col passato benjaminiano – e, forse soprattutto, sul futuro, grazie al differimento, sua caratteristica.
Con una forzatura, potremmo dire che il godimento sta al desiderio come la democrazia diretta sta a quella rappresentativa

È in crisi piuttosto la cultura della mediazione, intesa come intermediazione tra interessi, impulsi, bisogni dell’individuo singolo e quelli collettivi, così come quella del differimento (direi che in parte dipende anche da questo la sfiducia generalizzata nei confronti degli istituti di credito: banche, chiese, partiti). La pretesa di potersi relazionare a sé ed agli altri senza la mediazione sociale di alcun ordine simbolico dipende proprio dall’estremizzazione del processo di destituzione della soggettività dalla potenza ultrasoggettiva del desiderio, a vantaggio di un’estetizzazione
mediatica del godimento.

DOMANI

Ora, perchèio parlo di snobismo cattolico a fronte l’animalizzazione sociale post-storica ?
Perchè, per l’Europa el’Occidente, il Cattolicesimo è l’equivalente della post-storia giapponese: cioè il Cattolicesimo sarà la giapponizzazione dell’Occidente

La civiltà giapponese “post-storica” ha imboccato vie diametralmente opposte alla via americana

Ciò sembra autorizzare a credere che l’interazione recentemente avviata tra il Giappone e Mondo occidentale sfocerà, in fin dei conti, non in un nuovo imbarbarimento dei giapponesi, bensì in una “giapponizzazione” degli Occidentali (Russi compresi).

Kojève, inaspettatamente, chiama dunque in causa il Giappone. E ci dice che lì la post-storia è venuta, ed è venuta da almeno tre secoli. E senza capitalismo, comunismo, americanismo. Qual è dunque il carattere della post-storia giapponese? Kojève risponde: la ritualizzazione del Senso. Un mantenimento delle vestigia esteriori del Senso della Storia, dei riti, delle cerimonie, che, anche in uno stato di perdita dei contenuti dell’Agire propriamente detto, non respingano questo nella totale a-significanza, e nell’oblio. Uno snobismo post-passionale, post-storico nel senso più pieno del termine, ma che mantiene, proprio nel preservarsi della ritualità, le vestigia dell’umano.
L’alternativa kojèviana è tra animali post-storici americani e uomini ritualizzati giapponesi. Tra l’oblio del senso ed il mantenimento della forma di questo Senso, ormai svuotato del suo contenuto.

Rimane il desiderio, però, che continuerà ad ossessionare Kojève anche dopo queste riflessioni. Per fortuna, il desiderio resta.

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http://desiderioefilosofia.com/…/di-baciami-desiderio-libi…/

http://desiderioefilosofia.com/…/desiderio-e-politica-poli…/

http://passionipoststoria.com/

Ieri, oggi, domaniultima modifica: 2015-10-19T14:08:01+02:00da allan11
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