NOAM CHOMSKY & MICHEL FOUCAULT

ELDERS

Signore e signori, benvenuti al terzo appuntamento dell’International Philosopher’s Project.
Gli invitati di questa sera sono Michel Foucault del Collège de France e Noam Chomsky del Massachusetts Institute of Technology.

I percorsi dei due filosofi convergono su alcuni punti e divergono su altri.
Forse potremmo paragonarli a due operai che stanno scavando un tunnel alla base di una montagna, ciascuno da un lato e con strumenti diversi, senza sapere che si incontreranno
Svolgono il loro compito con idee nuove, si avventurano il più lontano possibile lasciandosi catturare tanto dalla filosofia quanto dalla politica: per queste ragioni assisteremo senz’altro a un dibattito appassionante

Senza tardare, dunque, affronterò un problema eterno e fondamentale: quello della natura umana.

Dalla storia alla linguistica passando per la psicologia, tutte le ricerche sull’uomo devono affrontare il seguente problema: siamo il prodotto di variegati fattori esterni oppure possediamo una natura comune grazie alla quale possiamo riconoscerci come esseri umani

È dunque a lei professor Chomsky che rivolgo la prima domanda, poiché lei ricorre spesso al concetto di natura umana utilizzando, a questo proposito, termini quali «idee innate» e «strutture innate». Quali elementi ricava dalla linguistica per far svolgere al concetto di natura umana un ruolo così centrale?

CHOMSKY

Bene, mi si lasci cominciare in modo un po’ tecnico.

Chi è interessato a studiare il linguaggio e le lingue umane si trova di fronte a un problema empirico ben preciso.
Ha a che fare con un organismo, un parlante maturo, adulto si potrebbe dire, che in qualche modo ha acquisito un’incredibile gamma di capacità che, in particolare, consentono al parlante di dire quel che pensa, di comprendere ciò che gli viene detto e di fare tutto questo in un modo che credo sia appropriato definire altamente creativo…
Molto di quel che una persona dice conversando con gli altri è innovativo perché gran parte di quel che arriva alle nostre orecchie è nuovo, non presenta cioè alcuna somiglianza con qualcosa che già faccia parte della nostra esperienza.
Si tratta, chiaramente, di un comportamento innovativo che non procede a caso, un comportamento che è molto difficile definire e che potremmo chiamare «appropriato alla situazione».
Per questa ragione, un comportamento del genere presenta molte caratteristiche di quel che credo possa esser definito «creatività»

Ora, la persona che acquisisce questo insieme di capacità intricato e altamente articolato – l’insieme delle abilità che chiamiamo «sapere una lingua» – è stata esposta a un certo tipo di esperienze; durante la sua vita le è stata presentata una certa quantità di dati, ha avuto esperienza diretta di una certa lingua.

È possibile, allora, studiare i dati che questa persona ha avuto a disposizione e affrontare un problema scientifico in linea di principio ragionevolmente chiaro e ben circoscritto: dar conto della differenza tra la quantità di dati offerta al bambino, piuttosto esigua in effetti, anzi non solo esigua ma anche di bassa qualità, e la conoscenza, molto articolata, altamente sistematica e profondamente organizzata, che, non si sa bene come, il bambino ricava da questi dati

C’è da aggiungere che persone diverse, che hanno fatto esperienza della propria lingua ciascuna a proprio modo, arrivano a sistemi linguistici tra loro molto congruenti. Con questa espressione mi riferisco al fatto che, nella gran parte dei casi, quel che uno dice viene compreso dall’altro…

Possiamo analizzare i dati che sono disponibili per questa persona. Avendo fatto questo , in linea di principio, siamo di fronte a un problema scientifico ragionevolmente evidente e ben delineato, ossia quello di una contabilità per il divario tra la davvero molto piccola quantità di dati, piccola e piuttosto degenerata in qualità, che viene presentato al bambino, e la molto articolata, altamente sistematica, profondamente organizzata conseguente conoscenza che egli, in qualche modo, deriva da questi dati.

Inoltre abbiamo notato che diversi individui con esperienza molto varie in una determinata lingua, tuttavia arrivano a sistemi che sono molto congruenti l’un l’altro. I sistemi a cui due parlanti di lingua inglese arrivano, a in base alle loro esperienze molto diverse, sono congruenti nel senso che, in un intervallo esiguo, ciò che uno di loro dice l’altro può capire.

Inoltre, ancora più notevole, notiamo che in una vasta gamma di lingue, in realtà tutte quelle che sono state studiate seriamente, ci sono notevoli *limitazioni* sul tipo di sistemi che emergono dai generi molto differenti delle esperienze a cui le persone sono esposte.

C’è una sola spiegazione possibile, che devo dire in modo piuttosto schematico, per questo notevole fenomeno. Vale a dire che l’ipotesi che l’individuo stesso contribuisca è un buon affare per lui. Questa preponderante parte, infatti, della struttura schematica generale e forse anche del contenuto specifico della conoscenza che ha, infatti, deriva solo da questa esperienza molto sparsa e limitata.

Una persona che conosce una lingua ha acquisito la conoscenza perché si è avvicinato l’esperienza di apprendimento con una schematizzazione molto esplicita e dettagliata che gli dice quale tipo di linguaggio è che egli è esposte . Cioè, per dirla piuttosto liberamente: il bambino deve iniziare con la conoscenza, non certo con la consapevolezza che ha udito in inglese o olandese o francese o qualcos’altro, ma che lui si avvia con la consapevolezza che sta sentendo un *linguaggio umano di un stretto ed esplicito tipo*, che consente un piccolo intervallo di variazione. Ed è perché inizia con questo schematismo altamente organizzato e molto restrittiva, che è in grado di fare il grande salto da dati sparsi e degenerati alla conoscenza altamente organizzata. E inoltre vorrei aggiungere che noi possiamo percorrere una certa distanza, penso che una distanza piuttosto lunga, che presenta le proprietà di questo sistema di conoscenza, che io definirei lingua innata o conoscenza istintiva, che porta il bambino all’apprendimento delle lingue; e inoltre possiamo fare un lungo cammino verso ciò che descrive il sistema rappresentato mentalmente quando ha acquisito questa conoscenza.

Affermerei quindi che questa conoscenza istintiva, se ti piace, questo schematismo che rende possibile derivare complesse ed intricate conoscenza sulla base di dati molto parziali, è un costituente fondamentale della natura umana. In questo caso penso che sia un costituente fondamentale a causa del ruolo che il linguaggio gioca, non solo nella comunicazione, ma anche nell’espressione di pensiero e di interazione fra le persone; e presumo in altri domini dell’intelligenza umana, in altri domini della cognizione umana e del comportamento, qualcosa dello stesso tipo deve essere vero.

Ebbene, è questa collezione, questa massa di schematismi, principi organizzativi innate, che guida il nostro comportamento sociale e intellettuale e individuale. Questo è quello che intendo con il fare riferimento al concetto di natura umana.

ELDERS

Bene, professor Foucault, pensando ai suoi libri, Storia della follia nell’età classica e Le parole e le cose, ho l’impressione che lei lavori su un piano molto diverso e con uno scopo totalmente opposto. Mi sembra che lei stia cercando di sviluppare, nei diversi periodi, simili schematismi in relazione alla natura umana. Cosa ne pensa?

FOUCAULT

Se la cosa non la disturba risponderò in francese, il mio inglese è così scarno che mi vergogno di farne uso.
È vero che diffido un po’ del concetto di natura umana, per la seguente ragione: credo che i concetti o i termini di cui una scienza può servirsi non abbiano tutti lo stesso grado di elaborazione.
E in genere non hanno né la stessa funzione né lo stesso tipo di uso possibile all’interno del discorso scientifico.
Prendiamo ad esempio la biologia: alcuni concetti hanno una funzione classificatrice; altri una funzione di differenziazione o di analisi; alcuni, infatti, ci consentono di caratterizzare gli oggetti come tessuti, altri isolano degli elementi quali i tratti ereditari o definiscono la funzione del riflesso.
Allo stesso tempo, vi sono elementi che svolgono un ruolo nel discorso e nelle regole interne alla pratica del ragionamento. Ma esistono anche concetti periferici attraverso i quali la pratica scientifica a sua volta si definisce, si differenzia dalle altre pratiche, delimita il proprio ambito di competenza e individua l’insieme dei suoi compiti futuri. Per un periodo ben preciso, in biologia il concetto di vita ha svolto questa funzione
Tra il XVII e il XVIII secolo il concetto di vita è stato scarsamente utilizzato per lo studio della natura: gli esseri naturali viventi o non viventi venivano classificati all’interno di un vasto quadro gerarchico che andava dai minerali all’uomo; la cesura tra i minerali e le piante o gli animali era relativamente imprecisa; dal punto di vista epistemologico occorreva definire la loro posizione una volta per tutte. La sola cosa che contava era fissare la loro posizione in modo indiscutibile.

Alla fine del XVIII secolo, la descrizione e analisi di questi esseri naturali ha mostrato, attraverso l’uso di strumenti più altamente perfezionati e le ultime tecniche, un intero dominio di oggetti, un intero campo di relazioni e processi che ci hanno permesso di definire la specificità della biologia nella conoscenza della natura. Si può dire che la ricerca sulla vita ha finalmente costituito le scienze biologiche? Il concetto di vita è responsabile dell’organizzazione della conoscenza biologica? Non credo. Mi sembra più probabile che le trasformazioni di conoscenza biologica alla fine del XVIII secolo, sono stati dimostrati da un lato da tutta una serie di nuovi concetti per l’utilizzo nel discorso scientifico e d’altra parte ha dato luogo ad una nozione come quella della vita che ci ha permesso di designare, per delimitare e situare un certo tipo di discorso scientifico , tra le altre cose. Direi che la nozione di vita non è un concetto scientifico; è stato un indicatore epistemologico di cui le funzioni di classificazione e delimitazione ha avuto un effetto su discussioni scientifiche, e non su quello di cui stavano parlando.

Beh, mi sembra che la nozione di natura umana è dello stesso tipo. Non era studiando la natura umana che i linguisti hanno scoperto le leggi della mutazione consonantica, o Freud i principi dell’analisi dei sogni, o gli antropologi culturali la struttura dei miti. Nella storia della conoscenza, la nozione di natura umana mi sembra principalmente ha giocato il ruolo di un indicatore epistemologico per designare determinati tipi di discorso in relazione a o in opposizione di teologia o di biologia o di storia. Mi sarebbe difficile vedere in questo un concetto scientifico.

CHOMSKY

Beh, in primo luogo, se siamo stati in grado di specificare in termini di, diciamo, reti neurali, le proprietà della struttura cognitiva umana che rendono possibile per il bambino di acquisire questi sistemi complicati, quindi almeno non avrei alcuna esitazione nel descrivere tali proprietà come elemento costitutivo della natura umana. Cioè, c’è qualcosa di biologicamente determinato, immutabile, una Fondazione per qualunque cosa sia che facciamo con la nostra capacità mentale in questo caso.

Ma mi piacerebbe approfondire un po’ la linea di sviluppo che lei ha delineato, con cui in realtà sono interamente d’accordo, sul concetto di vita come un concetto di organizzazione nelle scienze biologiche.

Mi sembra che si potrebbe un po’ più speculare in questo caso, dato che stiamo parlando di futuro, non al passato, e chiedere se il concetto di natura umana (o di meccanismi innati di organizzare o di intrinseco schematismo mentale o qualsiasi altra cosa vogliamo chiamarlo, io non vedo molta differenza tra loro, ma chiamiamolo natura umana per stenografia ) , potrebbe non fornire per la biologia il prossimo picco per provare a scalare, dopo avere presso almeno nelle menti dei biologi, anche se uno potrebbe forse domandare questo già per la soddisfazione di alcuni alla domanda di che cosa è la vita.

In altre parole, per essere precisi, è possibile dare una spiegazione biologico o una spiegazione fisica… è possibile caratterizzare, in termini di concetti fisici attualmente disponibili a noi, la capacità del bambino di acquisire sistemi complessi di conoscenza. E inoltre, criticamente, avendo acquisito tali sistemi di conoscenza, di fare uso di questa conoscenza nel libero e creativi e straordinariamente vari modi in cui lo fa?

Possiamo spiegare in termini biologici e, in ultima analisi, in termini fisici, queste proprietà di conoscenza sia incorporante nel primo posto e facendo uso di esso nella seconda? Davvero non vedo ragione di credere che possiamo; cioè, è un articolo di fede da parte di scienziati che dal momento che la scienza ha spiegato molte altre cose che vi spiega anche questo.

In un certo senso si potrebbe dire che questa è una variante del problema mente/corpo. Ma se guardiamo indietro al modo in cui la scienza ha scalato varie cime, e il modo in cui il concetto di vita venne infine acquistato dalla scienza dopo essere stato oltre la sua visione per un lungo periodo, quindi penso che abbiamo notato in molti punti della storia- e infatti i secoli XVII e XVIII sono particolarmente chiari esempi-che progressi scientifici erano possibili, proprio perché il dominio di quella che scienza fisica era si è allargata. Casi classici sono le forze gravitazionale di Newton. I Cartesiani, dell’azione a distanza era un concetto mistico, e infatti per Newton stesso era una qualità occulta, un’entità mistica, che non apparteneva all’interno delle scienze. Per il senso comune di una generazione più tardi, azione a distanza è stato incorporato all’interno della scienza.

Quello che è successo è stato che la *nozione di corpo*, la nozione di fisico era cambiato. Per un cartesiano, un rigoroso cartesiano, se tale persona apparisse oggi, sembrerebbe che non c’è spiegazione per il comportamento dei corpi celesti. Certamente non c’è nessuna spiegazione per i fenomeni che sono spiegati in termini di forza elettromagnetica, diciamo. Ma tramite l’estensione della scienza fisica per incorporare concetti finora disponibile, interamente nuove idee, è diventato possibile successivamente costruire strutture più complesse che incorporava una più vasta gamma di fenomeni.

Ad esempio, certamente non è vero che la fisica dei cartesiani del è in grado di spiegare, diciamo, il comportamento delle particelle elementari in fisica, così come non è in grado di spiegare i concetti di vita.

Allo stesso modo, credo, uno potrebbe porre la domanda se la scienza fisica, come la conosciamo oggi, tra cui la biologia, incorpora in sé i principi e i concetti che consentiranno di dare conto della innata capacità intellettive umane e, ancora più profondamente, della capacità di fare uso di tali capacità in condizioni di libertà nel modo che gli esseri umani fanno.
Non vedo alcuna ragione particolare per credere che la biologia o la fisica ora contengono quei concetti, e può darsi che per scalare il picco successivo, per fare il passo successivo, dovranno concentrarsi su questo concetto di organizzazione, e ciò potrebbe benissimo ampliare il loro campo di applicazione, al fine di venire alle prese con essa.

FOUCAULT

Si.

ELDERS

Forse posso provare a chiedere ancora una domanda specifica che porta fuori entrambe le risposte, perché ho paura che altrimenti il dibattito diventi troppo tecnico. Ho l’impressione che una delle principali differenze tra voi due ha la sua origine in una differenza di approccio. Lei, signor Foucault, è particolarmente interessato al modo della scienza o degli scienziati in funzione di in un certo periodo, mentre il signor Chomsky è più interessato alle cosiddette “cosa-domande”: : il motivo per cui siamo in possesso di una lingua; non solo come funzioni linguistiche, ma qual è la ragione del nostro avere la lingua. Possiamo cercare di chiarire questo in modo più generale: lei, signor Foucault, sta delimitando il razionalismo del XVIII secolo, mentre lei, signor Chomsky, hanno unito il razionalismo settecentesco con nozioni come la libertà e la creatività.

CHOMSKY

Beh, innanzitutto devo dire che mi avvicino al razionalismo classico non proprio come uno storico della scienza o uno storico della filosofia, ma piuttosto dal diverso punto di vista di qualcuno che ha una certa gamma di nozioni scientifiche ed è interessato a vedere come in una fase precedente le persone possono essere andate a tentoni verso queste nozioni, probabilmente senza rendersene conto di ciò a cui essi andavano incontro.

Così si potrebbe dire che sto guardando la storia non come un antiquario, che è interessato a scoprire e dare un proprio accurata visione di ciò che il pensiero del Seicento era. Non voglio sminuire tale attività, è solo il mio, piuttosto, il punto di vista di, diciamo, un amante dell’arte, che vuole guardare al XVII secolo per trovare in esso le cose che sono di particolare valore . E che ottiene parte del loro valore a causa della prospettiva con cui egli si avvicina a loro.

E penso che, senza contestare l’altro approccio, il mio approccio è legittimo; cioè, credo che è perfettamente possibile, per tornare a fasi precedenti del pensiero scientifico sulla base della nostra comprensione attuale , di percepire come sono stati grandi pensatori, entro i limiti del loro tempo, andati a tentoni verso concetti e idee e intuizioni che essi stessi non potevano essere chiaramente consapevoli di ciò.

Per esempio, penso che chiunque possa fare questo suo pensiero. Senza cercare di confrontare se stessi con i grandi pensatori del passato. Chiunque può. .

Forse potremmo illustrare questo in modo più generale con esempi dei secoli XVII e XVIII.

ELDERS
Perchè no?

CHOMSKY:

Va bene [ride]. Chiunque può prendere in considerazione ciò che egli ora sa e può chiedere ciò che sapeva venti anni fa, e può vedere che in qualche modo poco chiaro si stava sforzando verso qualcosa che si può solo ora capire … se lui è fortunato.

Allo stesso modo penso che si può guardare al passato, senza distorcere la tua vista, ed è in questi termini che voglio dare un’occhiata al XVII secolo. Ora, quando guardo indietro del XVII e XVIII secolo, quello che mi colpisce particolarmente è il modo in cui, ad esempio, Descartes e suoi seguaci furono portati a postulare la mente come una sostanza di pensiero indipendente del corpo. Se si guardano i loro motivi per postulare questa seconda sostanza, la mente, l’entità di pensiero, erano che Descartes era in grado di convincere se stesso, giustamente o scorrettamente, non importa in questo momento, che gli eventi del mondo fisico e anche gran parte del mondo comportamento e psicologico, ad esempio una buona dose di sensazione, erano spiegabili in termini di ciò che considerava essere fisica-scorrettamente , come ora crediamo che è, in termini di scontrarsi di cose , tornitura e movimento e così via.

Pensava che in tali termini, il principio meccanico, poteva spiegare un certo dominio dei fenomeni; e poi ha osservato che c’era una gamma di fenomeni che sosteneva che non poteva essere spiegato in questi termini. Ed Egli postulò pertanto un principio creativo per tenere conto di tale dominio dei fenomeni, il principio della mente con le sue proprietà. E poi più tardi i seguaci, molti di coloro che non si considerano cartesiani, per esempio molti di coloro che si sono considerati come fortemente anti-razionalista, ha sviluppato il concetto della creazione all’interno di un sistema di regola.

Non disturberò con i dettagli, ma la mia ricerca in oggetto mi ha portato in definitiva a Wilhelm von Humboldt, che certamente non si considerava un cartesiani, ma tuttavia in un quadro piuttosto diverso e all’interno di un periodo storico diverso e con diversi insight, in modo notevole e ingegnoso, che, credo, è di importanza durevole, ha anche sviluppato il concetto di forma interiorizzata-fondamentalmente e il concetto della libera creazione all’interno di un sistema di potere nel tentativo di venire a prese con alcune delle stesse difficoltà e problemi che i cartesiani avevano affrontato nei loro termini.

Ora io credo, e qui sarebbe diverso per un sacco di miei colleghi, che la mossa di Descartes alla Postulazione di una seconda sostanza è stata una mossa molto scientifica; non era un metafisico o una mossa anti-scientifica. In realtà, in molti modi era molto simile a quello che intellettuale mosse di Newton quando egli postulò azione a distanza. Egli stava muovendo nel dominio dell’occulto, se vi piace. Egli stava muovendo nel dominio di qualcosa che è andato oltre la scienza ormai consolidata e stava cercando di integrarlo con la scienza consolidata attraverso lo sviluppo di una teoria in cui queste nozioni avrebbero potuto essere correttamente chiarite e spiegate.

Ora Descartes, credo, ha fatto una simile mossa intellettuale nel postulare una seconda sostanza. Naturalmente non è riuscito dove Newton è riuscito; cioè, non è riuscito a gettare le basi per una teoria matematica della mente, come realizzato da Newton e dei suoi seguaci, che gettava le basi per una teoria matematica di entità fisiche che ha incorporate tali nozioni occulte come azione a distanza e più tardi forze elettromagnetica, e così via.

Ciò, allora, pone per noi, credo, il compito di portare avanti e sviluppare questo, se si vuole: la teoria matematica della mente. Con questo voglio semplicemente significare un appunto articolata, chiaramente formulato di teoria astratta che avrà conseguenze empiriche, e che ci farà sapere se la teoria è giusta o sbagliata, o sulla strada sbagliata o la strada giusta, e allo stesso tempo avrò le proprietà della scienza matematica, cioè le proprietà di rigore e precisione e una struttura che rende possibile di dedurre conclusioni da ipotesi e così via.

Ora è da quel punto di vista che cerco di guardare indietro ai secoli XVII e XVIII e per raccogliere i punti, che ritengo davvero lì, anche se certamente riconosco, e in effetti vorrebbe insistere, che gli individui in questione non può aver visto in questo modo.

ELDERS
Signor Foucault, suppongo si avrà una severa critica di questo?

FOUCAULT:

No… ci sono solo uno o due piccoli punti storici. Non posso obiettare sul conto che hai dato nella tua analisi storica delle loro ragioni e della loro modalità. Ma c’è una cosa, tuttavia si potrebbe aggiungere: quando si parla di creatività come concepito da Descartes, mi chiedo se non si tratti di trasporre, a Cartesio, un’idea che deve essere trovato fra i suoi successori o anche alcuni dei suoi contemporanei. Secondo Cartesio, la mente non è stato così molto creativo. Ha visto, è percepito, è stato illuminato dalle prove.

Inoltre, il problema che Descartes non ha mai risolti né completamente padroneggiato, era che di comprensione come uno potrebbe passare da una di queste idee chiare e distinte, una di queste intuizioni, allo stato di un altro e ciò che dovrebbe essere data alla prova del passaggio tra di loro. Non riesco a vedere esattamente sia la creazione nel momento dove la mente afferrato la verità per Descartes, o anche la vera e propria creazione nel passaggio da una verità a altra.

Al contrario, si possono trovare, penso che, allo stesso tempo in Pascal e Leibniz, qualcosa che è molto più vicino a quello che state cercando: in altre parole, in Pascal e nel flusso complesso agostiniano di pensiero cristiano, troverete questa idea di una mente in profondità; di una mente piegata indietro nell’intimità di se stesso che è toccato da una sorta di incoscienza, e che si possono sviluppare le proprie potenzialità dall’approfondimento del sé. Ed è per questo che la grammatica di Port Royal, a cui si fa riferimento, è, credo, molto più agostiniano di cartesiano.

E inoltre troverete in Leibniz qualcosa che sicuramente ti piacerà: l’idea che nella profondità della mente è incorporato un intera rete di relazioni logiche che costituisce, in un certo senso, l’inconscio razionale della coscienza, il non ancora chiarito e la forma visibile della ragione stessa, che la monade o l’individuo sviluppa a poco a poco, e con la quale capisce il mondo intero.

CHOMSKY

Che è dove vorrei fare una piccola critica.

ELDERS:

Mr. Chomsky, un attimo per favore.

Non credo che si tratta di fare una critica storica, ma di formulare una propria opinione su questi concetti abbastanza fondamentale…

FOUCAULT:

Ma le opinioni fondamentali possono essere dimostrate nell’analisi precise come questa.

ELDERS:

Sì, va bene. Ma mi ricordo alcuni passaggi nella vostra “storia di follia” che danno una descrizione dei secoli XVII e XVIII in termini di repressione, repressione e esclusione; mentre per il signor Chomsky questo periodo è pieno di creatività e individualità.

Perché abbiamo in quel periodo, per la prima volta, chiusi manicomi psichiatrici? Penso che questa è una domanda fondamentale…

FOUCAULT:

… in creatività, sì!
Ma non lo so, forse Al signor Chomsky piacerebbe parlarne…

ELDERS:

No, no, no, per favore via. Continuiamo.

FOUCAULT:

No, vorrei dire questo: negli studi storici che sono stato in grado di fare, o hanno cercato di fare, ho senza dubbio dato molto spazio a quello che si potrebbe chiamare la creatività degli individui, alla loro capacità di creazione, alla loro attitudine per aver inventato da loro stessi, originari concetti, teorie o verità scientifiche da loro stessi.

Ma credo che il mio problema è diverso da quello del signor Chomsky. Mr. Chomsky ha combattuto contro il Comportamentismo linguistico, che quasi nulla attribuita alla creatività del soggetto parlante; il soggetto parlante era una sorta di superficie su cui le informazioni sono riuniti a poco a poco e che ha combinato in seguito.

Nel campo della storia della scienza o, più in generale, la storia del pensiero, il problema era completamente diverso.

La storia della conoscenza ha cercato a lungo di obbedire a due crediti. Uno è la pretesa di attribuzione: ogni scoperta dovrebbe non solo essere situata e datata, ma dovrebbe anche essere attribuita a qualcuno; dovrebbe avere un inventore e un responsabile di essa. Fenomeni generali o collettivi, d’altra parte, cioè che, per definizione, non può essere “attribuito”, sono normalmente svalutati: sono ancora tradizionalmente descritti attraverso parole come “tradizione”, “mentalità”, i “modi”; e non consente loro di svolgere il ruolo negativo di un freno rispetto l’ “originalità” dell’inventore.
In breve, questo ha a che fare con il *principio della sovranità del soggetto applicata alla storia della conoscenza*.

L’altro reclamo è che non ci permette di salvare il soggetto, ma la verità: così che questo suo non essere compromessa dalla storia, è necessario non che la verità si costituisce da sé nella storia ma solo che si riveli in essa; nascosta agli occhi degli uomini, provvisoriamente inaccessibili, seduta nelle ombre attenderà di essere svelata. La storia della verità sarebbe essenzialmente il suo ritardo, la sua caduta o la scomparsa degli ostacoli che hanno impedito fino ad ora dal venire alla luce. La dimensione storica della conoscenza è sempre negativa nei confronti della verità.

Non è difficile vedere come queste due affermazioni sono state adeguate, uno all’ altra: i fenomeni di ordine collettivo, il “pensiero comune”, i “pregiudizi” dei “miti” di un periodo, costituivano gli ostacoli che l’oggetto della conoscenza ha dovuto superare per sopravvivere, per accedere finalmente alla verità; doveva essere in posizione “eccentrica” al fine di “scoprire”. Ad un certo livello questo sembra essere invocando un certo “romanticismo” sulla storia della scienza: la solitudine dell’uomo di verità, l’originalità che si è riaperto sull’originale attraverso la storia e nonostante. Credo che, più fondamentalmente, si tratta di sovrapporre la teoria di conoscenza e oggetto di conoscenza sulla storia della conoscenza.

E cosa succede se la comprensione della relazione del soggetto alla verità era solo un effetto della conoscenza? Cosa succede se la comprensione era un complesso, una formazione multipla, non individuali, non “sottoposta al soggetto”, che ha prodotto effetti di verità? Uno dovrebbe quindi mettere avanti positivamente questa dimensione intera che la storia della scienza ha negativizzato; analizzare la capacità produttiva della conoscenza come una pratica collettiva; e di conseguenza sostituire gli individui e la loro “conoscenza” nello sviluppo di una conoscenza che in un dato momento funziona secondo determinate regole che uno può registrare e descrivere.

Potrete dirmi che tutti gli storici di marxista di scienza hanno fatto questo per lungo tempo. Ma quando uno vede come funzionano con questi fatti e soprattutto quale uso fanno delle nozioni di coscienza, dell’ideologia in contrasto con la scienza, ci si rende conto che essi sono per la maggior parte più o meno indipendente dalla teoria della conoscenza.

In ogni caso, quello che mi rende ansioso è la sottostante trasformazioni della comprensione per la storia delle scoperte della conoscenza. Pertanto ho, in apparenza, almeno, un atteggiamento completamente diverso per il signor Chomsky a proposito della creatività, perché per me è una questione di cancellando il dilemma del soggetto conoscente, mentre per lui si tratta di permettere il dilemma del parlare soggetto a riapparire. ( because for me it is a matter of effacing the dilemma of the knowing subject, while for him it is a matter of allowing the dilemma of the speaking subject to reappear..)

Ma se ce l’ha fatta a riapparire, se egli lo ha descritto, è perché lui può farlo. I linguisti hanno ora ,per lungo tempo analizzato la lingua come un sistema con un valore collettivo. La comprensione come una totalità collettiva di regole che consentono una tale conoscenza ad essere prodotta in un determinato periodo, difficilmente è stato studiato fino ad ora. Tuttavia, sono presenti alcune caratteristiche abbastanza positive all’osservatore. Prendiamo ad esempio la medicina alla fine del XVIII secolo: leggere venti opere mediche, non importa quale, degli anni 1770-1780, quindi venti altri da anni 1820-1830, e direi, piuttosto in modo casuale, che negli anni quaranta o cinquanta tutto era cambiato; che cosa uno ha parlato, il modo in cui uno ha parlato, non solo i rimedi, naturalmente, non solo le malattie e le loro classificazioni, ma le prospettive per sé. Chi era responsabile di questo? Chi era l’autore di esso? È artificiale, credo, dire Bichat, o anche per espandere un po’ e dire i clinici anatomici primi. Si tratta di una trasformazione collettiva e complessa di comprensione medica nella sua pratica e le sue regole. E questa trasformazione è lontano da un fenomeno negativo: è la soppressione di una negatività, il superamento di un ostacolo, la scomparsa dei pregiudizi, l’abbandono di vecchi miti, la ritirata delle credenze irrazionali e accesso finalmente liberato di sperimentare e di ragionare; rappresenta l’applicazione di un ottica completamente nuova, con le sue scelte e delle esclusioni; un nuovo gioco con le proprie regole, decisioni e limitazioni, con una propria logica interna, i suoi parametri e i suoi vicoli ciechi, tutte che portano alla modificazione del punto di origine. Ed è in questo funzionamento che esiste la comprensione stessa. Quindi, se si studia la storia della conoscenza, si vede che ci sono due direzioni distinte di analisi: secondo uno, uno deve mostrare come, a quali condizioni e per quali motivi, la comprensione modifica se stesso nel suo regolamento formativo, senza passare attraverso un originale “inventore” scoperta della “verità”; e secondo l’altro, uno ha mostrare come il funzionamento delle regole di una comprensione può produrre in una conoscenza individuale nuova ed inedita. Qui si ricongiunge il mio obiettivo, con metodi imperfette e in una modalità molto inferiore al progetto di Mr. Chomsky: tenendo conto del fatto che con poche regole o elementi definiti, totalità sconosciuta, mai prodotte, possono essere portati alla luce dagli individui. Per risolvere il problema, il signor Chomsky propone di reintrodurre il dilemma del soggetto nel campo dell’analisi grammaticale. Per risolvere un problema analogo nel campo della storia della quale mi occupo, uno ha a che fare in un modo contrario, : per introdurre il punto di vista della comprensione, delle sue regole, dei suoi sistemi, delle sue trasformazioni di vittime nel gioco delle conoscenze individuali. Qua e là il problema della creatività non può essere risolto allo stesso modo, o meglio, che non può essere formulata in termini identici, dato lo stato delle discipline all’interno del quale è messo.

CHOMSKY

Penso che in parte stiamo girando intorno al problema a causa di un diverso uso del termine creatività. In effetti, devo dire che il mio uso del termine creatività è un po’ eccentrico e quindi l’onere ricade su di me in questo caso, non è su di voi. Ma quando parlo di creatività, non sto attribuendo al concetto la nozione di valore che è normale quando si parla di creatività. Cioè, quando si parla di creatività scientifica, si sta parlando, correttamente dei risultati di un Newton. Ma nel contesto in cui ho parlato io di creatività, è un atto umano normale.

Sto parlando del tipo di creatività che ad ogni bambino viene illustrato quando è in grado di fare i conti con una situazione nuova: per descriverla correttamente, reagire ad esso in modo corretto, un dire qualcosa su di essa, pensare in un nuovo modo per lui e così via. Penso che è opportuno chiamare tali atti creativi, ma naturalmente senza pensare a chi agisce sia come gli atti di Newton.

Infatti può benissimo essere vero che la creatività nelle arti o scienze, ciò che va oltre il normale, può davvero coinvolgere proprietà anche della natura umana, che potrebbe non esistere pienamente sviluppato nella massa dell’umanità e non può costituire parte della creatività normali della vita quotidiana.

Ora la mia convinzione è che la scienza può guardare avanti al problema della creatività normale come un argomento che forse e ‘ possibile incorporare in sé. Ma io non ci credo, e ho il sospetto che sarete d’accordo che la scienza può guardare avanti, almeno in un futuro ragionevole, per venire alle prese con la vera creatività, i successi del grande artista e grande scienziato. Esso non ha alcuna speranza di accogliere questi fenomeni unici alla sua portata.

È dei livelli inferiori di creatività che ho parlato.

Ora, per quanto riguarda quello che dici riguardo la storia della scienza, credo che sia corretto e illuminante e particolarmente rilevanti in realtà per i tipi di impresa che vedo che si trova davanti a noi in psicologia e linguistica e la filosofia della mente.

Cioè, penso che ci sono alcuni argomenti che sono stati repressi o messi da parte durante i progressi scientifici dei secoli scorsi.

Ad esempio, questa preoccupazione di creatività a basso livello a cui mi riferisco era anche realmente presente in Cartesio. Ad esempio, quando egli parla della differenza tra un pappagallo, che può imitare ciò che viene detto, e un essere umano, chi può dire cose nuove che sono appropriate per la situazione ? E quando egli specifica che come proprietà distintive indica i limiti della fisica e ci trasporta in scienza della mente, per usare termini moderni, penso che davvero si riferisse al tipo di creatività che ho in mente; e sono abbastanza d’accordo con i vostri commenti circa le altre fonti di tali nozioni.

Beh, questi concetti, anche in realtà l’intera nozione di organizzazione della struttura di frase, erano messi a riposo durante il periodo dei grandi progressi che seguita da Sir William Jones e gli altri e lo sviluppo della filologia comparata nel suo complesso.

Ma ora, penso, possiamo andare oltre tale periodo quando era necessario per dimenticare e far finta che questi fenomeni non esistessero e a rivolgersi a qualcos’altro. In questo periodo di Filologia comparata e anche, a mio avviso, di linguistica strutturale e gran parte della psicologia comportamentale, e in effetti anche molto di ciò che cresce fuori la tradizione empirista nello studio della mente e del comportamento, è possibile mettere da parte quelle limitazioni e portare nella nostra considerazione solo quegli argomenti che hanno animato un buon affare del pensiero e speculazione dei secoli XVII e XVIII , e di incorporare loro all’interno di un più ampio e penso più profonda scienza dell’uomo che vi darà un ruolo più completo-anche se certamente non è previsto per dare una completa comprensione di tali concetti come innovazione e creatività e libertà e la produzione di nuove entità. Nuovi elementi di pensiero e di comportamento all’interno di qualche sistema di regola e schematizzazione. Quelli sono concetti con cui penso che possiamo venire alle prese .

ELDERS

Quando si parla di creatività e libertà, penso che uno degli equivoci, se eventuali incomprensioni sono sortE, ha a che fare con il fatto che il signor Chomsky parte da un numero limitato di regole con infinite possibilità di applicazione, considerando che lei, signor Foucault, mettono in evidenza l’inevitabilità della “griglia” del nostro determinismo storico e psicologico, che vale anche per il modo in cui scopriamo nuove idee.

Forse possiamo risolvere questo, non analizzando il processo scientifico, ma solo analizzando il nostro processo di pensiero.

Quando si scopre una nuova idea fondamentale, signor Foucault, lei credi, che, per quanto riguarda la sua creatività personale sta accadendo qualcosa che ti fa sentire come un essere liberato; che qualcosa di nuovo è stato sviluppato? Forse in seguito si scopre che non era così nuovo. Ma voi credete che, entro la propria personalità, creatività e libertà stanno lavorando insieme, o no?

FOUCAULT:

Oh, sai, io non credo che il problema dell’esperienza personale è così molto importante…

ELDERS:

Perché no?

FOUCAULT:

… .in una domanda come questa. No, credo che c’è in realtà piuttosto una forte somiglianza tra ciò che ha detto Mr. Chomsky e quello che ho cercato di mostrare: in altre parole, esistono infatti solo possibili creazioni, possibili innovazioni. Uno può solo, in termini di linguaggio o di conoscenza, produrre qualcosa di nuovo da mettere in gioco un certo numero di regole che definiranno l’accettabilità o la grammaticalità di queste affermazioni, o che definiranno, nel caso di conoscenza, il carattere scientifico delle istruzioni.

Così, più o meno possiamo dire che i linguisti prima Mr. Chomsky hanno insistito principalmente per le regole di costruzione, di istruzioni, e meno sull’innovazione rappresentata da ogni nuova istruzione, o l’audizione di una nuova istruzione. E nella storia della scienza o nella storia del pensiero, abbiamo posto maggiormente l’accento sulla creazione individuale, e avevamo tenuto da parte e lasciata nell’ombra queste regole comuni, generali, che si manifestano oscuramente attraverso ogni scoperta scientifica, ogni invenzione scientifica e anche ogni innovazione filosofica.

E a quel grado, quando non c’è dubbio di credere erroneamente che sto dicendo qualcosa di nuovo, che tuttavia sono consapevole del fatto che nella mia dichiarazione non ci sono regole sul lavoro, non solo regole linguistiche, ma anche regole epistemologiche e tali regole caratterizzano il sapere contemporaneo.

CHOMSKY:

Beh, forse posso provare a reagire a tali osservazioni nel mio quadro in modo che forse farà luce su questo.

Pensiamo ancora una volta un bambino umano, che ha nella sua mente qualche schematismo che determina il tipo di linguaggio che può imparare. Va bene. E quindi, data la esperienza, conosce molto rapidamente la lingua, di cui questa esperienza è una parte, o in cui è incluso.

Ora, questo è un atto normale; cioè, è un atto di intelligenza normale, ma è un atto altamente creativo.

Se un marziano è stato a guardare questo processo di acquisizione di questo vasto e complicato e intricato sistema di conoscenza sulla base di questa ridicolmente piccole quantità di dati, penserebbe di esso come un immenso atto di invenzione e creazione. Infatti, un marziano lo considererebbe, credo, un successo come l’invenzione di, diciamo, qualsiasi aspetto di una teoria fisica sulla base dei dati che sono stati presentati al fisico.

Tuttavia, se a questo ipotetico marziano fosse dato poi osservare che ogni bambino umano normale effettua immediatamente questo atto creativo e tutti lo fanno allo stesso modo e senza alcuna difficoltà, considerando che ci vogliono secoli del genio di effettuare lentamente l’atto creativo di andare dall’evidenza di una teoria scientifica, quindi questo marziano dovrebbe, se fosse razionale , concludere che la struttura della conoscenza che viene acquisita nel caso di lingua è fondamentalmente interna alla mente umana; considerando che la struttura della fisica non è, in un modo così diretto, interno alla mente umana. Le nostre menti non sono costruite in modo che quando guardiamo i fenomeni del mondo esce fisica teorica, e scriverlo e produrle non è il modo che nostre menti sono costruite.

Tuttavia, penso che c’è un possibile punto di connessione e che potrebbe essere utile elaborarla: che è, com’è che siamo tutti in grado di costruire qualsiasi tipo di teoria scientifica ? Come è possibile che, data una piccola quantità di dati, è possibile per vari scienziati, per vari geni, anche, per un lungo periodo di tempo, per arrivare a una sorta di teoria, almeno in alcuni casi, che è più o meno profonde e più o meno empiricamente adeguata?

Questo è un fatto notevole.

E, infatti, se non fosse il caso che questi scienziati, tra i geni, cominciavano con una limitazione molto stretta sulla classe di possibili teorie scientifiche, *se essi non hanno costruito nella loro mente qualche modo una specifica ovviamente inconscia ciò è possibile teoria scientifica, allora questo salto induttivo sarebbe certamente impossibile*: come se ogni bambino non ha costruito in mente il concetto di linguaggio umano in modo molto limitato, quindi il salto induttiva dai dati per la conoscenza di un lingua sarebbe impossibile.

Così anche se il processo di, diciamo, derivare la conoscenza della fisica dai dati è molto più complessa, molto più difficile per un organismo come il nostro, che richiede l’intervento del genio e così via e così via, tuttavia in un certo senso, *il raggiungimento di scoprire la scienza fisica o biologia o qualsiasi altra cosa ti piace, si basa su qualcosa di piuttosto simile al raggiungimento del bambino normale nella scoperta della struttura del suo linguaggio* : vale a dire, essa deve essere raggiunta sulla base di un’iniziale limitazione, una restrizione iniziale sulla classe di teorie possibili. Se non cominci sapendo che solo certe cose sono possibili teorie, quindi nessuna induzione sarebbe possibile a tutti. Si potrebbe andare dai dati ovunque, in qualsiasi direzione. E il fatto che la scienza converge e progredisce lo stesso ci mostra che tali limitazioni iniziali e strutture esistono.

Se davvero vogliamo sviluppare una teoria della creazione scientifica, o per quella materia di creazione artistica, penso che dobbiamo focalizzare l’attenzione proprio su quel set di condizioni che, da un lato, delimita e limita la portata della nostra conoscenza possibile, mentre allo stesso tempo permettendo il salto induttivo a complicati sistemi di conoscenza sulla base di una piccola quantità di dati. Che, mi sembra, sarebbe il modo per progredire verso una teoria della creatività scientifica, o in realtà verso qualsiasi domanda dell’epistemologia.

ELDERS

Beh, penso che se prendiamo questo punto della limitazione iniziale con tutte le sue possibilità creative, ho l’impressione che per la libertà e le regole di Mr. Chomsky non si oppongono a vicenda, ma si implicano più o meno. Considerando che ho l’impressione che è proprio il contrario per voi, signor Foucault. Quali sono i motivi per metterlo nel modo opposto, per questo è davvero un punto molto fondamentale nel dibattito, e spero che lo possiamo elaborare.

Formuliamo lo stesso problema in altri termini: potete pensare di un sapere universale senza alcuna forma di repressione?

FOUCAULT:

Beh, in quello che il signor Chomsky ha appena detto c’è qualcosa che sembra a me creare un po’ di difficoltà; Forse ho capito male.

Credo che si sia parlato di un numero limitato di possibilità nell’ordine di una teoria scientifica. Questo è vero se ti limiti a un periodo relativamente breve di tempo, qualunque essa sia. Ma se si considera un periodo più lungo, mi sembra che ciò che colpisce è la proliferazione di altre possibilità di divergenze.

Per lungo tempo è esistita l’idea che le scienze, conoscenza, segua una certa linea di “progresso”, obbedendo al principio della «crescita» e il principio della convergenza di tutti questi tipi di conoscenza. E ancora quando si vede come l’accordo europeo, che si è rivelato per essere una comprensione universale e come si è sviluppato il mondo in un senso storico e geografico, si può dire che c’è stata crescita? Io, personalmente, vorrei dire che è stato molto più una questione di trasformazione.

Prendiamo, ad esempio, le classificazioni di animali e vegetali. Quante esse non state riscritte, fin dal Medioevo, secondo regole completamente diverse: dal simbolismo, di storia naturale, di anatomia comparata, dalla teoria dell’evoluzione. Ogni volta che questa riscrittura rende la conoscenza completamente diversa nelle sue funzioni, nella sua economia, nelle sue relazioni interne. C’hai un principio di divergenza, molto più di uno di crescita. Mi piacerebbe molto piuttosto dire che ci sono molti modi di rendere possibile simultaneamente alcuni tipi di conoscenza. C’è, pertanto, da un certo punto di vista, sempre un eccesso di dati in relazione ai sistemi possibili in un dato periodo, che li induce ad essere sperimentati entro i loro confini, anche in loro mancanza, che significa che uno non riesce a realizzare la loro creatività; e da un altro punto di vista, dello storico, c’è un eccesso, una proliferazione di sistemi per una piccola quantità di dati, da cui ha origine l’idea diffusa che è la scoperta di nuovi fatti che determina movimento nella storia della scienza.

CHOMSKY:

Qui forse ancora una volta, vorrei provare a sintetizzare un po’. Sono d’accordo con la concezione del progresso scientifico; cioè, non credo che il progresso scientifico è semplicemente una questione dell’aggiunta accumulato di nuove conoscenze e l’assorbimento delle nuove teorie e così via. Piuttosto penso che ha questo modello sorta di frastagliati che descrivi, dimenticando alcuni problemi e balzando in nuove teorie. (n.d.r KUHN)

FOUCAULT:

E trasformare la conoscenza stessa.

CHOMSKY:

Sono d’accordo. Ma penso che si può forse azzardare una spiegazione per questo. Banalizzando grossolanamente, non intendo quello che ho intenzione di dire ora, letteralmente. Si potrebbe supporre che le seguenti linee generali di una spiegazione sono accurate: è come se, come gli esseri umani di un particolare biologicamente data organizzazione, abbiamo nella nostra testa, per cominciare, un certo insieme di possibili strutture intellettuale. Scienze possibili. Va bene?

Ora, nel caso fortunato che qualche aspetto della realtà succede di avere il carattere di una di queste strutture nella nostra mente, poi abbiamo una scienza: vale a dire che, fortunatamente, la struttura della nostra mente e la struttura di qualche aspetto della realtà coincidono sufficientemente modo che sviluppiamo una scienza intelligibile.

È precisamente questa limitazione iniziale nella nostra mente per un certo tipo di scienza possibile che fornisce l’enorme ricchezza e creatività della conoscenza scientifica. È importante sottolineare che questo ha a che fare con il tuo punto sulla limitazione e libertà. Che non fosse stato per queste limitazioni, non avremmo l’atto creativo di andare da un po’ di conoscenza, un po’ di esperienza, ad un ricco e altamente complessa e articolata gamma di conoscenze. Perché se qualsiasi cosa potesse essere possibile, nulla sarebbe possibile.

Ma è proprio a causa di questa proprietà delle nostre menti, che in dettaglio non capiamo, ma che, credo, in modo generale, possiamo cominciare a percepire, che ci presenta con alcune possibili strutture intelligibili e che nel corso della storia intuizione ed esperienza cominciano a venire a fuoco o cadere fuori fuoco e così via; è proprio a causa di questa proprietà della nostra mente che il progresso della scienza, credo, ha questo carattere irregolare e frastagliato che descrivi.

Questo non significa che in definitiva tutto ciò che sta per cadere all’interno del dominio della scienza. Personalmente credo che molte delle cose che vorremmo capire, e forse le cose che più vorremmo capire, quali la natura dell’uomo, o la natura di una società decente, o un sacco di altre cose, potrebbero davvero esulare dall’ambito della scienza umana possibile.

SELDERS

Beh, penso che ci troviamo di fronte ancora una volta con la questione della relazione interna tra la limitazione e la libertà. Siete d’accordo, signor Foucault, con la dichiarazione circa la combinazione di limitazione, limitazione fondamentale?.

FOUCAULT:

Non si tratta di una questione di combinazione. Solo la creatività è possibile nel mettere in gioco un sistema di regole; non si tratta di una miscela di ordine e libertà.

Dove forse non concordo pienamente con il signor Chomsky, è quando egli pone il principio di queste regolarità, in un certo senso, all’interno della mente o della natura umana.

Se si tratta di una questione di se queste norme siano effettivamente messi al lavoro dalla mente umana, va bene; tutto bene, anche se si tratta di una questione di se lo storico e il linguista può pensare che a loro volta; va bene anche da dire che queste regole dovrebbero consentire di realizzare ciò che viene detto o pensato da questi individui. Ma dire che queste regolarità sono collegati, come le condizioni di esistenza, alla mente umana e la sua natura, è difficile per me da accettare Mi sembra che uno deve, prima di arrivare a quel punto- e in ogni caso sto parlando solo di comprensione- sostituirlo nel campo delle altre pratiche umane, quali economia, tecnologia, politica, sociologia, che possa servire loro come condizioni di formazione , di modelli, di luogo, di apparizione, ecc. Mi piacerebbe sapere se non è possibile individuare il sistema di regolarità, di vincolo, che rende possibile la scienza, altrove, anche di fuori della mente umana, in forme sociali, nei rapporti di produzione, in lotte di classe, ecc.

Ad esempio, il fatto che a una certa follia nel tempo è diventata un oggetto per lo studio scientifico e un oggetto di conoscenza in Occidente, mi sembra essere collegato più a una particolare situazione economica e sociale.

Forse il punto di differenza tra me e il signor Chomsky è che quando si parla di scienza lui pensa probabilmente all’organizzazione formale della conoscenza, considerando che invece io sto parlando della conoscenza stessa, vale a dire, che penso al contenuto dei vari saperi che viene disperso in una particolare società, permea attraverso quella società e si afferma come la Fondazione per l’educazione , per teorie, pratiche, ecc.

ELDERS

Ma cosa significa questa teoria della conoscenza per il tema della morte dell’uomo o alla fine del periodo dei secoli XIX-XX?

FOUCAULT:

Ma questo non ha alcuna relazione con ciò di cui stiamo parlando.

ELDERS

Non lo so, perché stavo cercando di applicare quello che ha detto circa il suo concetto antropologico. Avete già rifiutato di parlare della propria creatività e libertà, non e ‘ vero? Beh, mi chiedo quali sono le ragioni psicologiche per questo.

FOUCAULT:

[Protestando.] Beh, si può chiedere a questo proposito, ma io non posso farci niente.

ELDERS

Ma quali sono le ragioni oggettive, in relazione alla vostra concezione di comprensione, di conoscenza, della scienza, per aver rifiutato di rispondere a queste domande personali?

Quando c’è un problema per voi per rispondere, quali sono i motivi per fare un problema fuori una domanda personale?

FOUCAULT:

No, non sto facendo un problema fuori una domanda personale; Faccio di una domanda personale, un’assenza di un problema.

Permettetemi di fare un esempio molto semplice, che non voglio analizzare, ma che è questa: come è stato possibile che gli uomini hanno cominciato, alla fine del XVIII secolo, per la prima volta nella storia del pensiero occidentale e del sapere occidentale, per aprire i cadaveri di persone, al fine di sapere quale fosse la fonte, l’origine, l’ago anatomica, della particolare malattia che era responsabile della loro morte?

L’idea sembra abbastanza semplice. Ebbene, sono stati necessari quattro o cinque mila anni di medicina in Occidente, prima abbiamo avuto l’idea di cercare la causa della malattia nella lesione di un cadavere.

Se si è tentato di spiegare questo dalla personalità di Bichat, credo che sarebbe senza interesse. Se, al contrario, si è tentato di stabilire il luogo di malattia e di morte nella società alla fine del XVIII secolo, e ciò che la società industriale aveva interesse a quadruplicare efficacemente l’intera popolazione al fine di espandere e sviluppare se stessa, a seguito della quale sono state fatte indagini mediche della società, grandi ospedali sono stati aperti, ecc.; Se si è tentato di scoprire come la conoscenza medica divenne istituzionalizzata in quel periodo, come le relazioni con altri tipi di conoscenza sono stati ordinati, ben, quindi si poteva vedere come la relazione tra la malattia, la persona del malato, ospedalizzata, il cadavere e anatomia patologica sono stati resi possibili.

Qui è, credo, una forma di analisi che non dico che è nuovo, ma che in ogni caso è stato molto troppo trascurato; e vicende personali non hanno quasi niente a che fare con esso.

ELDERS

Sì, ma tuttavia sarebbe stato molto interessante per noi di conoscere un po ‘ più i suoi argomenti per confutare questo.

Si può, signor Chomsky- e per quanto mi riguarda, è la mia ultima domanda circa questa parte filosofica del dibattito- dire le vostre idee su, ad esempio, del modo che le scienze sociali stanno lavorando? Mi riferisco qui soprattutto sui tuoi attacchi gravi al Comportamentismo. E forse si potrebbe anche spiegare un po’ che il modo di Mr. Foucault che sta ora lavorando in maniera più o meno behaviouristica. [Entrambi filosofi ridono.]

CHOMSKY:

Mi piacerebbe partire dalla vostra ingiunzione molto brevemente, solo per fare un commento su ciò che ha detto Mr. Foucault.

Credo che illustra molto bene il modo in cui stiamo scavando nella montagna da direzioni opposte, per utilizzare l’immagine originale. Cioè, credo che un atto di creazione scientifica dipende da due fatti: uno, alcune proprietà intrinseca della mente, un altro, alcuni set di condizioni sociali e intellettuali che esistono. E non si tratta di domandare, come la vedo, di quale di questi dovremmo studiare; piuttosto lo capiremo come scoperta scientifica e allo stesso modo di qualsiasi altro tipo di scoperta, quando sapremo che cosa sono questi fattori che possono spiegare. quindi, come interagiscono in modo particolare.

Il mio particolare interesse, a questo proposito, sono le capacità intrinseche della mente; suo, come dici tu, è la particolare disposizione delle condizioni sociali ed economiche e altre ancora..

FOUCAULT:

Ma non credo che la differenza sia collegato ai nostri personaggi.

CHOMSKY:

No, sono d’accordo, e…

FOUCAULT:

È collegato allo stato di conoscenza, dei sapere, in cui stiamo lavorando. E’ la *linguistica* con cui sei stato familiare tu,( e che siete riusciti a trasformare, escluso l’importanza del soggetto creativo, del soggetto parlano creativo ); mentre la *storia della scienza* come è esistita quando le persone della mia generazione stavano iniziando a lavorare, al contrario, hanno esaltato la creatività individuale. .

CHOMSKY:

Sì.

FOUCAULT:

… e metti da parte queste regole collettive.

CHOMSKY:

Sì, sì.

DOMANDA:

Va un po’ indietro nella vostra discussione, ma quello che vorrei sapere, signor Chomsky, è questo: si supponga che un sistema di base di ciò che deve essere, in un modo elementare, limitazioni che sono presenti in quello che si chiama natura umana; fino a che punto pensa che queste sono conforme a cambiamento storico? Pensa, per esempio, che essi sono stati modificati sostanzialmente dopo, diciamo, del XVII secolo? In tal caso, si potrebbe forse collegare questo con le idee di Mr. Foucault?

CHOMSKY:

Beh, penso che come un dato di fatto biologico e antropologico, la natura dell’intelligenza umana certamente non è cambiata in qualche modo sostanziale, almeno dal XVII secolo, o probabilmente dall’uomo di Cro-Magnon. Cioè, credo che le proprietà fondamentali della nostra intelligenza, quelli che sono all’interno del dominio di quello che stiamo discutendo stasera, sono certamente molto antiche; e che se prendi un uomo da cinquemila o forse ventimila anni fa e lo poni come un bambino all’interno della società di oggi, avrebbe imparare ciò che chiunque altro apprende e sarebbe stato un genio o un pazzo o qualcos’altro, ma lui non sarebbe fondamentalmente diverso.

Ma, naturalmente, il livello di acquisite modifiche di conoscenza, cambiamento delle condizioni sociali-quelle condizioni che permettono una persona di pensare liberamente e rompere i legami di,diciamo, vincolo superstizioso. E come cambiano tali condizioni una data intelligenza umana progredirà a nuove forme di creazione. Infatti ciò riguarda molto da vicino l’ultima domanda che ha messo il signor Elders, se forse posso dire una parola su questo.

Prendete le scienze comportamentali e pensate a questi contesti. Mi sembra che la proprietà fondamentale del Comportamentismo, che è in qualche modo suggerito dalla scienza comportamentale, termine strano, è che è una negazione della possibilità di sviluppare una teoria scientifica. Ciò che definisce il comportamentismo è il presupposto molto curioso e autodistruttivo che non è consentito di creare una teoria interessante !!

Se la fisica, per esempio, avesse fatto l’ipotesi che devi attenere ai fenomeni e alla loro disposizione e cose del genere, saremmo ancora a fare astronomia Babilonese oggi. Fortunatamente i fisici non hanno mai fatto questo presupposto ridicolo, estraneo, che ha le sue ragioni storiche e aveva a che fare con tutti i tipi di fatti curiosi nel contesto storico in cui si è evoluto il Comportamentismo.

Ma guardando in modo puramente intellettuale, il Comportamentismo è l’insistenza arbitraria che non si deve creare una teoria scientifica del comportamento umano; piuttosto uno deve fare i conti direttamente con i fenomeni e la loro interrelazione e nient’altro. Qualcosa che è totalmente impossibile in qualsiasi altro dominio, e presumo Impossibile nel dominio dell’intelligenza umana o comportamento umano pure. Quindi in questo senso non credo che il comportamentismo è una scienza. Qui è un esempio calzante il genere di cosa che lei ha appena citato e che Mr. Foucault sta discutendo: in determinate circostanze storiche, ad esempio quelli in cui si è sviluppata la psicologia sperimentale , era (per qualche motivo in cui non entrerò ) interessante e forse importante imporre alcune limitazioni, molto strane, sul tipo di costruzione di teoria scientifica che è stato consentito . E tali limitazioni, molto strane, sono note come Comportamentismo. Beh, ha ormai da tempo perso qualunque relativo corso di esecuzione, penso. Qualsiasi valore che possano avere avuto nel 1880, esso non ha alcuna funzione oggi, tranne vincolare e limitare l’indagine scientifica e pertanto dovrebbe semplicemente essere dispensate con, allo stesso modo, uno dovrebbe rinunciare ad una Fisica che ha detto: non ti è permesso di sviluppare una teoria fisica generale, ti è solo permesso di tracciare i movimenti dei pianeti che compongono più epicicli e così via e così via. Uno che si dimentica e si mette da parte. Allo stesso modo uno dovrebbe mettere da parte le restrizioni, molto curiose, che definiscono il Comportamentismo; restrizioni che sono, come ho detto prima, suggerite dal termine stesso di scienza comportamentale.

Siamo d’accordo, forse, che il comportamento, in un certo senso ampio, costituisce i dati per le scienze dell’uomo. Ma per definire una scienza dai suoi dati sarebbe come quello di definire la Fisica come la *teoria delle letture del contatore*. E se un fisico dovesse dire: Sì, sono coinvolto nella scienza della lettura del contatore, potremmo essere abbastanza sicuri che non stava per arrivare molto lontano. Potrebbero parlare di letture del contatore e la correlazione tra loro e cose del genere, ma non creeranno mai una teoria fisica.

E così il termine stesso è sintomatico della malattia in questo caso. Dobbiamo capire il contesto storico in cui ha sviluppato queste limitazioni curiose, e avendole capite, ignorarle e procedere nella scienza dell’uomo come si farebbe in qualsiasi altro dominio, cioè eliminando interamente il Comportamentismo e infatti, a mio avviso, la tradizione empirista intera da cui si è evoluto.

DOMANDA:
Quindi non si è disposti a collegare la sua teoria sulle limitazioni innate, con la teoria della “griglia” di Mr. Foucault. Ci potrebbe essere una certa connessione. Vede, il signor Foucault afferma che un aumento di creatività in una certa direzione rimuove automaticamente le conoscenze in un’altra direzione, da un sistema di “griglie”. Beh, se si ha un sistema di cambio di limitazioni, questo potrebbe essere collegato.

CHOMSKY
Beh, la ragione di ciò che egli descrive, penso, è diversa. Ancora una volta, io sto banalizzando. Abbiamo disponibili più possibilità di scienze, intellettualmente. Quando cerchiamo fuori da quelle costruzioni intellettuali, in un mondo che cambia di fatto, non troveremo crescita cumulativa. Ciò che troveremo sono strani salti: qui è un dominio dei fenomeni a cui una certa scienza si applica molto bene; ora ampliando leggermente la gamma di fenomeni, poi avremo un’altra scienza, che è molto diversa. Accade di applicare molto in modo bello, forse, lasciando fuori alcuni di questi altri fenomeni. Ok, ecco il progresso scientifico e che porta alla omissione o dimenticanza di determinati domini. Ma penso che la ragione di questo è proprio questo insieme di principi, che purtroppo, non lo sappiamo, che rende l’intera discussione piuttosto astratto, che definisce per noi che cosa è una possibile struttura intellettuale, una profondo possibile scienza, se volete.

(continua)

NOAM CHOMSKY & MICHEL FOUCAULTultima modifica: 2016-05-02T17:44:38+02:00da allan11
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