IL SURROGATO DEL “PADRE”

Nell’800 non è morto solo Dio e, in seguito, “il padre”, ma sono stati entrambi sostituiti dal loro surrogato per eccellenza che, stante quell’epoca di dispiegante Positivismo non poteva che essere una : LA SCIENZA.

E’ lei che, ora, ne ha preso il posto, con le sue “leggi” ancor più ferree dei “comandamenti”, al cui confronto quelli religiosi e paterni erano solo roba da ridere.

Chi, oggi, riuscirebbe ad opporsi al suo “Verbo” ?

Lei, depositaria ed erogatrice del sapere che non si pone domande “inutili” ma che da solo risposte certe, assolute e soprattutto “utili”, con la rozza pretesa di sindacare sulla vita e sulla morte.

Una scienza che si nega ogni affaccio sul reale e che riduce questo reale a questioni di organi e di funzionamento. (“Basta che funzioni” titolava Woody Allen, uno dei suoi ignari cultori, in un suo noto film). Vera e propria divinità del nostro tempo che comanda e ordina il quotidiano, scandisce con superegoico rigore i tempi della palestra, le dosi del cibo, stigmatizza i divieti insuperabili, i peccati, che prevedono l’inferno della segregazione, il peso fuori forma.

Il corpo è sempre più sottratto al soggetto che lo abita, considerato e analizzato come una macchina dei cui segreti la scienza si impossesserà. Intanto vengono prescritti rituali preventivi per conservare salute, bellezza, giovinezza. Né tempo, né dolore, né malattia possono scalfire la marcia trionfante della salute.

Mentre la religione e la fede sembravano crollare, mentre Dio sembrava sempre più “morto”, si veniva costituendo il nuovo “credo” scientifico e normativo, garante dell’ordine nuovo.

Il dominio del corpo è sfrenato e senza limiti: tabelle di marcia precise, rigorose comandano il permesso e il proibito, determinano l’alimentazione, l’igiene, il sonno, la ginnastica precetti da seguire; omettendo si incorre nel castigo della malattia. Alla salvezza si è sostituita la salute, dea capricciosa e superegoica che impone rinunce e sacrifici, al peccato la trasgressione delle norme che garantiscono l’efficenza del corpo.

Un corpo vagante, un corpo quasi privo di linguaggio, un corpo sfuggito ai suoi limiti che, definendolo, gli consentono di esistere.

Solo il “discorso afono” della scienza-tecnica che, nel nostro tempo, trova nella questione del corpo il suo terreno d’elezione. L’invadenza inarrestabile e incontrollata, questa intrusività tecnica sono al centro della nostra vita e organizzano la nostra esistenza. Detentori di saperi parcelizzati e specializzati ci indicano la via da seguire per quanto attiene alla nostra soggettività progressivamente smantellata e destituita.

Nel campo sel disagio psichico, poi ora, questi interventi sono particolarmente attivi e si manifestano con la proliferazione degli interventi, spesso istituzionalizzati dallo Stato, che si pongono dichiaratamente come obiettivo non la presa in carico del disagio, ma l’eliminazione del disturbo. Prova ne è, oggi, l’introduzione massiccia del DSM (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) con cui si è operato questo rovesciamento: le diagnosi si sono suddivise e parcelizzate, stabilite in relazione ad assi di appartenenza assimilati secondo un criterio di adeguamento alla formula effetto-risposta, di carattere farmacologico o di carattere cognitivo-comportamentale.

Così, ad esempio, vengono artificiosamente create nuove categorie come quella dei cosiddetti *bambini iperattivi* che vengono rinviati all’intervento dell specialista.

Un tempo, nemmeno molto lontano, erano le maestre che intervenivano seguendo sia un sapere che derivava loro dall’esperienza, sia dal retaggio comune; oggi questo non è più possibile, la maestra, destituita del suo sapere, deve ricorrere al tecnico, detentore del sapere. Anzi, nelle scuole italiane, a evitare che la maestra, questa mitica figura, potesse continuare ad essere per il bambino la figura di riferimento centrale, colei che interpretava lo spostamento metaforico del legame materno, si è pensato bene di moltiplicare le figure e diversificare gli insegnamenti.

Ma sono poi padri e madri che, spesso travolti da questo diffuso e generalizzato misconoscimento, si trovano incapaci di assumere la loro funzione : una madre, oggi, spesso non ha come referente quel sapere mitico che le deriva dalla trasmissione materna: così non bisognava cedere al “capriccio” del bambino, si interveniva, si ponevano dei limiti, si stabilivano delle punizioni mentre oggi sarebbe materia sufficiente per un intervento specialista.. Sua Maestà il bambino domina incontrastato e determina l’organizzazione familiare.

Ma questa condizione di “tutto è permesso” non è né bene né amore né gli garantisce il presupposto della Legge simbolica per vivere ma, smarrito, il bambino si trova di fronte a un padre smarrito, a una madre che non sa; una madre che dai diversi manuali, venduti anche ai supermercati, impara che cosa bisogna dire e fare nelle diverse occasioni, esegue l’intervento per farlo star quieto, adotta le tecniche suggerite per farlo mangiare, per addormentarlo: schede di comportamenti precisi da ripetere con la stessa parola, con costanza. Non ci sarà più nessuna memoria di una poesia, di un racconto, di una canzone: se il bambino sarà fortunato, fra le maglie incatenate delle formule potrà, forse, trovare in un lapsus un cenno d’amore o un sorriso.

Questa oggettivazione del soggetto, ridotto a tipo comportamentale, non sempre, anzi di rado, trova nella famiglia una barriera, un ostacolo; padri e madri destituiti della loro funzione, privati della loro responsabilità di soggetti possono trovare nelle schede *cognitivo-comportamentali* che accompagnano il bambino nel suo percorso scolastico l’inquadramento del figlio, reso oggetto della sperimentazione cosiddetta “scientifica”.

Il bambino è oggetto di desiderio confuso, destrutturato, condizione in cui si trovano anche i genitori. Il desiderio, quello dei genitori e quello dei figli, non è previsto, poiché nella sua strutturale trasgressività incrinerebbe il previsto adeguamento.

Ed è così, quindi, che in questa sola e imperante concretezza del corpo si è completamente eroso il terreno del simbolico, della parola.

Conseguenza inevitabile della malafede di quella “morte di Dio” che aveva nella parola, nel “verbo che fu all’inizio”, la sua unica manifestazione prima, e incarnata poi in quel Cristo il cui oblio ha solo lasciato noi completamente afasici come personaggi di un film tornato oramai solamente MUTO.

Ma non per “fede”

Per evidente certezza !

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PS : Giusto a titolo di ulteriore chiarimento, tutto quel bailame di riassegnazione sessuale, piccoletti che si credono di un sesso che non è il loro, le puttanate farmacologiche di iniezioni ormonali eccetera, non sono altro che la conseguenza di quello esplicitato nel post “Il surrogato del “padre””, cioè lo spostamento sul corpo di conflitti interiori non verbalizzati ma agiti direttamente sullo stesso con scriteriate operazioni & company, conseguenza di ridicoli “mamy” afoni che non sanno più fare i padri neanche di striscio.
No, così, giusto per precisare.

IL SURROGATO DEL “PADRE”ultima modifica: 2018-05-04T00:50:46+02:00da allan11
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