IL DESIDERIO DISINCARNATO FRANCESE

“Io ho avuto necessità, per poter concepire un minimo di nuova proposta etico-politica, di far ricorso alla cultura psicoanalitica e a quell’allargamento e a quella rivoluzione dei concetti di società e di libertà, che a mio avviso le scienze psicoanalitiche hanno portato come contributo più originale all’antropologia filosofica e politica degli ultimi anni. Un contributo che non è stato però mai riconosciuto né accolto.

ASSE VERTICALE & ORIZZONTALE

Società non significa più semplicemente una relazione esterna, relazione orizzontale di un individuo con altri individui, ma significa anche societas interiore, la quale rimanda all’idea di un individuo composto di molti luoghi e di molte istanze, che non danno vita a un caos, ma che, freudianamente, danno luogo a delle strutture, la cui molteplicità pone, allo stesso tempo, il problema della loro integrazione e comunicazione o, al contrario, del dissidio tra l’una e le altre o della censura dell’una sulle altre. Oggi non si può ripensare una riflessione sulla società se non si mette a tema che società significa anche questo continente, questo “sesto continente”, com’è stato chiamato, della psicoanalisi,

SENTIRSI

Da un punto di vista psicoanalitico libertà io credo significhi fondamentalmente questo: la capacità di rimanere soli con se stessi, ossia la capacità di dialogare e di sentire la più propria, irripetibile e profonda, individualità. Dico sentire perché sentire non è conoscere.

Si deve quindi complicare l’etica del riconoscimento, sottraendola ai limiti in cui l’hanno confinata, sia pure meritoriamente, l’etica del discorso di Habermas e l’etica del conflitto di Honneth, giacché, a mio modo di vedere,
il limite di questi due autori, pure assai importanti nell’ambito della cultura contemporanea, è che essi non accolgono fino in fondo il rilievo e il significato dell’asse verticale, logico-emozionale, che costituisce il soggetto umano e rimangono legati un paradigma del riconoscimento che si svolge tutto sull’asse orizzontale. Non è un caso, in tal senso, che Honneth faccia riferimento per la lettura dell’intrapsichico a uno psicologo sociale come H. Mead e si tenga abbastanza lontano da Freud e da altri frequentatori della psicoanalisi.

Un’etica dell’agire in cui la responsabilità verso se stessi, la capacità di rispondere al proprio sentire, di lasciar essere il proprio sentire, non sia valore minore della responsabilità verso l’altro/i.

FRENCH THEORY

[…] la cosiddetta French Theory, con l’enorme influenza che il pensiero francese ha avuto nelle discipline umanistiche e sociali negli Stati Uniti durante gli ultimi trent’anni […] la cultura francese degli ultimi quarant’anni abbia rifiutato radicalmente l’identità, il permanere, abbia rifiutato il kantismo nella sua valorizzazione della sintesi – quale sintesi di un molteplice nella quale divenire e permanere s’incontrano – per aderire, secondo una lezione quasi totalmente bergsoniana, a una filosofia della vita quale moltiplicazione delle differenze, ovvero, se si vuole, alla raffinatezza ermeneutica di un decostruzionismo senza fine, che non può portare a nessuna conclusione di valenza universalizzante.

POSTMODERNO

[…] il postmoderno può a ragione essere letto come effetto ideologico del postfordismo.
Ecco questo processo complessivo di svuotamento del concreto e di allucinazione della superficie, di sovradeterminazione della superficie, è quello che a mio avviso costituisce il postmoderno

Il postmoderno, per parlare anche qui molto schematicamente, è stato un impianto culturale che ha eleminato tutti i dualismi più caratterizzanti e significativi del moderno. Il moderno si costruiva sul rapporto tra essenza ed apparenza, tra significato e significante, tra inconscio e conscio e si sforzava di comprendere le leggi della connessione tra i due livelli. Il postmoderno ha tolto uno dei due poli e ha posto tutto su un piano di estetica della superficie, per cui non c’è mai un contenuto materiale e definitivo. La legge di fondo del postmoderno, volendo parlare il linguaggio della vecchia metafisica, è che l’Essere è linguaggio. Non si esce mai dai contesti e dai riferimenti linguistici, non si giunge mai a qualcosa di extralinguistico. In una prospettiva di tal genere, che accoglie solo la decostruzione o l’ermeneutica, l’opzione materialistica è inconcepibile. Scompare, con il postmoderno, qualsiasi possibilità di realtà materiale, extralinguistica, corporea, che possa costituire il luogo del senso, e si afferma una cultura dell’esteriorizzazione, di un rimando di superficie in superficie, da protocollo linguistico a protocollo linguistico, che non ammette mai una profondità.

PENSIERO DEBOLE

[…] residuo di tale svuotamento, solo una pellicola di superficie, che nella sua inconsistenza di spessore, può alimentare solo un pensiero debole del frammento e della fine di ogni pretesa di verità e di sistematicità

LACAN

[…] psicoanalisi, che, io credo, vada letto, con Freud anch’esso, come inconscio senza linguaggio, di contro alla presunzione lacaniana di risolvere nel linguaggio e nelle sue strutture la natura e la funzione del medesimo inconscio.

A proposito di Lacan, si deve dunque dire che la sua posizione è emblematica della cultura postmoderna? Assolutamente sì, Lacan è tutto all’interno della cultura postmoderna, anche se la sua riflessione prende le mosse da un’avvincente e sciagurata lettura di Hegel, quale è stata quella di Kojève. Lacan è profondamente influenzato dalla lettura di Kojève, di cui come sappiamo segue il seminario su Hegel. Ebbene io ritengo, ma questo aprirebbe tutto un altro discorso, che la lettura kojèviana di Hegel sia una lettura profondamente limitata, miope e influenzata dalla metafisica russa del Nulla, da cui Kojève proveniva. La lettura kojèviana della dialettica servopadrone è sicuramente molto bella, sollecitante, ma del tutto decontestualizzata dall’impianto della Fenomenologia dello spirito di Hegel. E Lacan, a partire da questo, ma non solo da questo (com’è noto Lacan è stato profondamente condizionato anche da Bataille), ha costruito la propria sensazionale “teoria”. Lacan, io credo, sia stato, fondamentalmente, un esteta, un dandy. Doveva stupire, e ha scritto un’opera d’arte, un’opera letteraria, non certo un’opera di scienza. A me, come ho provato ad argomentare nei miei studi su Freud, sembra che tutta la ricerca freudiana vada in senso opposto alle costruzioni lacaniane. Muova da processi psichici di distruzione del linguaggio. E che dunque una rigorosa teorizzazione dell’inconscio possa nascere solo attraverso una teoria della rappresentazione che poggia su una rappresentanza pulsionale originariamente prelinguistica e senza linguaggio. Ma il pensiero di Lacan è lontanissimo dall’intendere la complessità dell’intreccio in Freud tra rappresentanza e rappresentazione.

Tutto ciò per dire quanto sia difficile, se non volutamente impossibile, comprendere cosa sia questo benedetto reale lacaniano. Qualche chiarimento sono certo verrebbe se si decidesse di riaprire tutto il discorso sul reale in Freud, e se ci si chiedesse ad esempio cosa è il principio di realtà in Freud. In ogni caso, a me sembra che Lacan appartenga a questa costruzione complessiva per cui l’essere è linguaggio.

http://www.filosofia-italiana.net/wp-content/uploads/2015/07/Intervista_Finelli.pdf

IL DESIDERIO DISINCARNATO FRANCESEultima modifica: 2017-04-28T12:14:52+02:00da allan11
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