L’UOMO DEMOCRATICO & L’ULTIMA DONNA

Il protagonista della democrazia è un uomo le cui caratteristiche si possono riassumere in tre parole : individualista, razionalista e materialista.

Tali caratteristiche, in particolare l’individualismo e il materialismo inteso come ricerca continua dei beni materiali, hanno come conseguenza negativa, la mancanza di principi e legami sociali che le limitino e le compensino.

La rinuncia che l’individuo fa in nome della ricerca e del mantenimento dei beni materiali annullano in lui ogni altra passione e ogni spinta alla realizzazione personale che non sia in ambito strettamente materiale.

La soluzione a questo problema è una idea in comune affinché questa frammentazione non generi quella “dittatura della maggioranza” che solo sulla quantità dell’avere si basa ma priva di qualunque “qualità” dell’essere.

Principi che non si impongono per legge ma perché diffusi liberamente.

Due sono infatti i principali pericoli per la società democratica : quello di non riconoscere le minoranze e quello di non riconoscere detti principi universali che sovrastino il tutto.

Il problema è che il primo è diventato talmente preponderante da annullare il secondo.
Quell’abbandono, cioè, di ogni *essenzialismo* in favore della ricerca di modi oppositivi e libertari di costruire il sé e l’identità che ha nel femminismo la propria origine e decadenza.

L’ULTIMA DONNA

La nascita politica del soggetto femminile coincide con la crisi del soggetto universale e con lo sviluppo della filosofia postmoderna, che prende avvio dalle teorie di Friedrich Nietzsche (1844-1900) e Martin Heidegger (1889-1976), a cui è associata la presa di coscienza di una profonda crisi nel pensiero occidentale.

È una crisi che inverte la coscienza ottimistica e progressiva propria della modernità e ne depotenzia i principi fondamentali: “Dio è morto” e questo costringe l‘uomo postmoderno a vivere in un mondo che ha perduto il suo centro e i suoi valori fondanti.

Tutto il sistema filosofico che sta alla base della cultura occidentale è investito da tale crisi, compresa la certezza di poter fornire un resoconto universale, oggettivo, unificante della storia del progresso umano, e la fiducia negli argomenti che avvalorano l‘esistenza di opposizioni binarie (natura-cultura, corpo-mente, uomo-donna).
Ed è su questo punto che si innesta lo specifico femminista.

Il decostruzionismo assume tale crisi e sviluppa il concetto di decostruzione, introdotto nella filosofia dal francese Jacques Derrida (La scrittura e la differenza, 1967), per frantumare e destrutturare la logica interna a classificazioni, definizioni e sistemi concettuali che la cultura tradizionale dà per evidenti e certi.

In sintesi alla radice della subordinazione delle donne c‘è il modello eterosessuale, imposto socialmente come unica forma di relazione d‘amore, obbligo da cui deriva l‘inferiorità delle donne e la coincidenza tra la figura femminile e quella di madre.

Tale obbligo è un‘asse portante della struttura sociale.

In questo senso, l‘eterosessualità è obbligatoria e il lesbismo costituisce un autentico spazio di resistenza, di libertà e di lotta al sistema che crea la subordinazione delle donne.
Naturalmente tale concezione discorsiva e ibrida della corporeità e del sesso è molto lontana da quella del femminismo della differenza sessuale, che basa invece la nuova soggettività delle donne sulla materialità del corpo e sulla propria continua trasformazione in rapporto agli altri e al mondo.

Altro punto di importante distinzione è quello che oppone alla concezione individualistica di un soggetto che fa resistenza alle norme imposte, una pratica politica di donne in relazione tra loro per costruire forme di autonomia e di libertà nuove.

Ciò che viene proposto è invece la costruzione di saperi situati, legati alle specificità dell‘oggetto della ricerca scientifica, e che rinuncino alla pretesa dell‘universalità.
Il fine è di creare un nuovo linguaggio che interpreti le conquiste del mondo scientifico rispettando la diversità e molteplicità dei soggetti coinvolti nell‘utilizzo delle tecniche, in particolar modo, la libertà delle persone che si affidano a tecniche biomediche.
La figurazione proposta come possibilità di differenti identificazioni è quella del cyborg: un sorta di ibrido tra elementi biologici ed elementi artificiali, un individuo metà macchina (cyb-) e metà organismo (-org).

Il cyborg simboleggia una soggettività in lotta contro l’eterosessualità dominante e le culture identitarie, che rifiuta le grandi narrazioni e i tradizionali dualismi (macchina/organismo, donna/uomo, bianco/nero).

All‘interno di una visione socialista, femminista e un po‘ utopica,si sostiene che attraverso scienza e tecnica sarebbe possibile migliorare la vita di ogni giorno, stravolgere le strutture di dominio esistenti e superare i dualismi che fondano il dominio patriarcale.

Dal “Soggetto nomade” al “queer”, quindi, che rappresenta l‘alterità, le forme che assume una soggettività precaria e fluida, che rifiuta le definizioni quale condizione stessa della sua efficacia politica.

La questione centrale in gioco a questo livello d‘analisi è sempre la stessa, la critica , cioè, dell‘universalismo identificata nel maschile e del maschile come autoproiezione di uno pseudo-universale.

A ciò si affianca la critica dell‘idea di «altro» come svalorizzazione.
Il soggetto nomade e femminista si costituisce a partire quindi dal Desiderio e non dal pensiero razionale: per la filosofa il “desidero ergo sum” prende il posto del “cogito ergo sum”, in altre parole è il desiderio ad essere condizione a priori del pensiero.

IL DESIDERIO

Ai nostri giorni si è però verifica un rovesciamento nella psicoanalisi rispetto alle caratteristiche superegoiche classiche, freudiane: se prima l’individuo era costretto a reprimere il piacere e il godimento per rispondere ai limiti e ai divieti imposti dal sociale, il soggetto post-storico è al contrario condannato all’eccesso e a dover godere.

Il super-io non solo impone divieti, ma anche imposizioni, ugualmente tiranniche, al godimento:
«Niente costringe qualcuno a godere, tranne il super-io. Il super-io è l’imperativo del godimento -Godi!»

Per cui il desiderio stesso diviene un’imposizione, vettore di un godimento obbligato, un paradossale dovere etico (Kant corretto con Sade): «La psicoanalisi deve rendersi conto che la vecchia situazione, nella quale la società è portatrice di divieti e l’inconscio di pulsioni sregolate, è oggigiorno invertita: è la società a essere edonista e sregolata, mentre è l’inconscio che regola»

La “legge del desiderio”, l’agire che ci dice di comportarci secondo il nostro desiderio, è l’unica cui dare ascolto senza indugi.

Viene allora proposta una terza via tra la censura ed il piacere obbligato, tutta a vantaggio dei nostri desideri “normali”.

L’auspicio è che ci sia consentito di non godere: non che si sia vietato farlo, ma che almeno cessi di essere un dovere etico, parodiato dalla risate preregistrate degli spettacoli televisivi che ci sollevano dalla scelta se ridere o meno.

Desiderare l’altro significa altresì che il nostro massimo desiderio è incontrare-provocare il desiderio di un altro che ci desideri.

Il primo magistrale araldo di questo sentimento fu probabilmente Dante, capace come nessun altro prima di rappresentarci in un verso la forza di un amore che spinge ad amare a nostra volta

Ma oggi, oggi che quella grande Storia sembra finita, come si giustifica e cosa promuove ancora la dinamica del desiderio?
Cosa e chi desideriamo?
Da chi e perché desideriamo essere riconosciuti?

Domande che inaugurano altresì la dolorosa certezza che il corpo del desiderio è finito e che è da qui che nasce ora la ricerca desiderante di una trascendenza fisica e infinita.

Questo Desiderio può essere la bontà, l’abnegazione, ma anche il Desiderio che vuole, non essere soddisfatto e chiudersi, ma rinascere costantemente giacché mai l’oggetto bramato può essere assimilato.

Tale struttura del piacere sessuale, annuncia in maniera relazionale e non solo biologica, il figlio.

Il figlio è dunque me. La relazione con lui si può paragonare ad una relazione di piacere.
Ma il figlio è anche un altro, un Viso la cui alterità radicale mi sfugge.
Avere un rapporto con chiunque è allo stesso tempo, un rapporto di piacere e di ritorno a sé, e un rapporto di dedizione e di Desiderio, significa essere padre o madre o amante o amico.

CONCLUSIONI

Ecco che tutto questo ci riporta alla vera natura del desiderio così banalmente declinato, viceversa, in maniera oscena dalle “Ultime donne” del femminismo contemporaneo in modo incompetente e delirante che ha sostituito, oggi, attraverso i mass-media complici, quelli che dovrebbero essere i *principi universali* che avrebbero dovuto salvarci da questa “dittatura della maggioranza” invece imperante.

http://media1.s-nbcnews.com/j/newscms/2016_01/1366401/inna_5_6c3f7585ea1ac89fbed8d8dbd55f3e2e.nbcnews-ux-2880-1000.jpg

Link correlati :
http://www.filosofico.net/tocqueville.htm
http://www.scosse.org/wordpress/wp-content/uploads/2013/10/Femminismo-e-femminismi-dagli-anni-Ottanta-al-XXI-secolo.pdf
https://desiderioefilosofia.com/2009/11/05/desiderio-dellaltro/
https://it.wikipedia.org/wiki/Totalit%C3%A0_e_infinito:_saggio_sull%27esteriorit%C3%A0
http://oltreilvuotorelativista.myblog.it/2011/02/13/prima-e-dopo-il-cogito/

L’UOMO DEMOCRATICO & L’ULTIMA DONNAultima modifica: 2016-10-23T12:10:54+02:00da allan11
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