GENDER & “TEORIA DELLA LETTURA DEL CONTATORE”

La declamata “scientificità” delle elucubrazioni Gender hanno la stessa dignità degli esattori delle società dell’acqua, gas ed elettricità che ti passano da casa solo per prendere nota dei consumi effettuati. Nessuna ulteriore funzione se non quella di fare i conti direttamente con detti consumi e le loro interrelazioni e nient’altro.

Solo l’accumulo di dati statisticamente insignificanti.

Nulla a che vedere con i complicati problemi di approvvigionamento, estrazione o produzione dei suddetti prodotti che necessitano di elaboratissime procedure autenticamente scientifiche.

Tra costoro e la scienza passa la stessa differenza che quella tra un impiegato del catasto e un ingegnere edile.

CREATIVITTY OR INSANITY

(Alle origini del Gender)

La conversazione tra Noam Chomsky, famoso linguista americano, e Michel Foucault, noto filosofo francese, fu il primo e ultimo confronto pubblico tra i due pensatori e avvenne nel 1971, in Olanda.

Tema del dibattito era il problema della *NATURA UMANA*, del potere, di una società giusta

Si tratta di un testo «storico», un vero e proprio classico del pensiero del Novecento.
I due autori si confrontano da due prospettive e due punti di vista radicalmente distanti.
L’interesse di questo dialogo «mancato», dal quale non si evince alcuna posizione comune, tra i due, sta proprio nel confronto tra le opposte «tradizioni» di pensiero che giungono allo scontro: quella delle scienze cognitive (con Chomsky) e quella del pensiero critico (con Foucault).

L’«uomo» delle scienze biologiche incontra l’«uomo» dell’artificio storico e culturale.

Negli ultimi anni numerosi studiosi hanno scelto questo testo come punto di partenza imprescindibile per la discussione di diversi problemi tuttora in sospeso: che cos’è la natura umana?

Esistono fondamenti scientifici alla base dei processi di conoscenza? Oltre le strutture sociali e le convenzioni giuridiche, si può parlare di un animale umano con caratteristiche
biologiche proprie ?

La strategia argomentativa di Chomsky non è diversa da quella utilizzata oggi dalla Chiesa cattolica per respingere ricerca genetica, fecondazione assistita, matrimoni tra persone dello stesso sesso, tutte pratiche ritenute lesive della natura umana.

Quel dialogo del 1971 è lontano dal poter essere archiviato tra i dibattiti del secolo scorso.
Poiché esso non cessa di approfondire il solco tra quelle che oggi potremmo chiamare due “tradizioni” filosofiche: quella delle scienze cognitive e quella del post-strutturalismo.

In quel 1971, ad Eindhoven, si confrontarono per la prima ed ultima volta due intellettuali che incarnavano (Chomsky lo incarna ancora oggi) due modi differenti, per non dire opposti, di ‘contestare’ il potere e le sue epifanie politico-economiche: da un lato l’ habitus genealogico di Foucault (“storico allo stato puro”, lo definiva l’amico Paul Veyne), grazie al quale ogni ipostasi, ogni apriorismo concettuale o scientifico prodotto dalla modernità, si fluidifica rivelando la sua impura compromissione con la storia; dall’altro, l’idealismo anarco-libertario di Chomsky, il quale fonda, su una sorta di apriorismo cognitivo nell’ambito della linguistica (la cosiddetta grammatica universale o generativa, che ipotizza una capacità innata della mente umana di apprendere e articolare il linguaggio), la propria battaglia per la giustizia e i diritti dell’uomo.

Entrambi sono ovviamente ‘contro’ l’assetto socio-politico dell’epoca, contro quello che Marcuse, nell’Uomo a una dimensione del ‘65 ( sostituita oggi dal più opaco “pensiero unico”) aveva definito “l’universo di discorso” che ingabbia e falsifica la realtà; ma il loro sguardo su questa realtà negata, o raddoppiata dai media, appare completamente diverso.

Amorale quello di Foucault. Scientifico quello di Chomsky.
Si tratta di un dialogo tra sordi: stranamente impermeabili l’uno all’altro.
Ma, proprio nella loro inconciliabilità, essi chiariscono al lettore i motivi per cui questo dialogo, a quarantacinque anni di distanza, può essere gettato come materia incandescente nella discussione politica per eccellenza: quella che si occupa del modo in cui l’invariante biologico , la vera o presunta ‘natura umana’, individuata dalla linguistica scientifica post-saussuriana, diventa la posta in gioco .

Fin dall’inizio, è Chomsky e per tutta la durata del dibattito, nella posizione dello scienziato, del supposto-sapere che deve difendere la superiorità del discorso scientifico, e che solo a partire da questa superiorità può motivare la purezza della sua battaglia politica, mentre Foucault si situa, com’è sua abitudine, nel ‘fuori’ del discorso scientifico, nel non-luogo da cui scrutare, e smontare, la storicità del discorso epistemologico.

Fin dall’inizio, basandosi sull’osservazione empirica di un bambino qualsiasi alle prese con l’apprendimento di una lingua qualsiasi, Chomsky postula l’esistenza, nella mente umana, di “schemi innati” – dunque naturali, ontogeneticamente apriori per tutti gli individui della nostra specie – che rendono possibile trasformare le scarse stimolazioni linguistiche che ognuno di noi riceve da piccolo in una ricchissima e creativa articolazione individuale del linguaggio .
Là dove Chomsky indica come invariante, sulla scorta della sua grammatica universale, i valori dell’umanesimo: giustizia, libertà, dignità, concepiti come condizioni di possibilità di un armonico sviluppo linguistico e dunque morale dell’uomo, Foucault, dal canto suo, indica nell’umanesimo il prodotto di una determinata configurazione epistemica della cultura occidentale: essa è , in sostanza il territorio desertico, e perciò disumano, su cui la vita rivela e sopporta la propria infondata, e infondabile, politicizzazione.

Con Foucault restiamo quindi in quella “Volontà di insignificanza” che, anche contro qualsivoglia evidenza, deve sempre e solo negare qualunque “essenza” pena la sua implosione. Furia iconoclasta che il Potere ha fatto propria al fine esclusivo di disarticolare l’umano lasciandone solo atomi di consumo perfettamente funzionali/funzionari al/del Sistema.
Per contro Chomsky recupera scientificamente significativi valori umani tra i quali primeggia, viceversa, il “Desiderio di creatività”.
Il bisogno, cioè, di lavoro creativo, ricerca creativa, di libera creazione, senza gli effetti arbitrariamente limitativi delle istituzioni coercitive nel quale gli individui non saranno costretti ad essere solamente strumenti o ruote di un ingranaggio meccanico, ma anzi esseri in cui l’istinto creativo intrinseco all’essere umano stesso avrà modo di svilupparsi in qualsivoglia direzione.
Esattamente quello che ha sempre detto Carl Gustav Jung !!

GENDER & “TEORIA DELLA LETTURA DEL CONTATORE”ultima modifica: 2016-05-14T01:03:14+02:00da allan11
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