IL “DESIDERATUM” DELL’ESSERE

Pare che la filosofia tutta non sia in grado di cogliere che ottusamente o idealmente l’Essere, nella sua chiusura solipsistica e intellettuale, se non come un Robinson Crusoe nella sua isola deserta. O, viceversa, nella sua apertura intenzionale al mondo e agli altri, esclusivamente nella sua declinazione *fascista rossa* pur sempre viziata intellettualmente, ma che il muovere dalla situazione affettiva dell’essere temporale e pre-intellettuale gli resti immancabilmente precluso.

Versioni solo parallele e complementari della stessa astrattezza trascendentale declinate sempre e solo prive di concretezza storica carnale.

Nella carne l’uomo è un essere di gioia, di dolore e desideri profondi e non solo di quelli superficiali di “potenza” dove pare essersi arenato il cervellino dei più.

Né tantomeno ci vive solo, né tantomeno ci vive bene come Robinson nella sua isola deserta.

O solo piena di Venerdì da ammaestrare nel suo “centralismo democratico” guidato da dotti che altro non sono che scemi del villaggio colti solo di astrazioni e disincarnati che, al più, blaterano di “corpo” ma solo rappresentandolo ma mai vivendolo; come Nietzsche stesso e adepti pecorecci al seguito.

Declinazioni, sia quella moderno marxista sia quella postmoderno nietzschiana superate entrambe da quella superideologia del “nichilismo gaio” che di economicismo e oltreumano non glene frega meno che nulla rinchiusa com’è nel proprio narcisismo ritardato e adolescenziale, piaggnone e prepotente, di cui i Gay Pride sono solo la punta dell’iceberg nonché l’osceno emblema.

Ma ci sono altri livelli di senso e di esperienza : l’incontro con gli altri e una interiorità fatta di sensibilità e affettività.

La filosofia ha sempre colpevolmente ignorato tutto ciò. Ma ora non è più tempo.

E’ impossibile oggi pensare in un modo pre-heideggeriano, pena il ricadere in una ingenuità non più accettabile.

Ma la realizzazione dell’essere umano si trova oltre l’ontologia e la comprensione dell’Essere in una dimensione ancor più fondamentale.

La comprensione intellettuale ha perso la sua centralità.

L’*individualità assoluta* dell’altro è irriducibile al concetto, non è tematizzabile a “europeo”, “africano”, “adolescente”, “donna”, “disabile” o fosse pure “essere umano”.

E’ una *individualità assoluta* che già il solo esser-ci completa esaurientemente.

L’ esplorazione di stati d’animo fondamentali e rivelatori come la necessità, la vergogna, la nausea, l’ansia, la paura, la cura, il piacere assurgono ad una importanza primaria in detto contesto, “al di là” dell’intellettualismo, per scavare, ora, invece, negli stati fisici e affettivi; in una dimensione, cioè, incarnata ed individuale dell’essere umano.

Questo essere è poi caratterizzato da un “bisogno di eccedenza” (*Desideratum*).

Tale bisogno consiste nel non sentirsi soddisfatto dentro il proprio essere, nel proprio ambito particolare, e nel desiderio di trascenderlo, di andare al di là di se stessi.

L’essere avverte desideri che possono essere soddisfatti – fame, sete, conoscenza…- e che gli permettono di affermarsi, ma insieme anche un Desiderio metafisico di trascendersi, detto *Desideratum*, appunto, che è impossibile da colmare e al tempo stesso rimane inesauribile.

Si tratta di una dualità propria dell’essere umano, dualità che ha una propria drammaticità :

“L’evasione è allora bisogno di uscire da se stessi, cioè di spezzare l’incatenamento più radicale e più irremissibile, il fatto che l’io è se stesso”

Ma l’essere è insuperabile perché l’esistenza è qualcosa di permanente e fondamentale.

Ciò non toglie che l’essere si soffre come un essere incatenato, inchiodato, come prigione a se stesso.

L’essere desidera, per natura, uscire da se stesso.

Essere è già un invito ad uscire dall’essere !!

L’identità stessa del sé contiene il bisogno di evadere da sé.

I desideri che possono essere soddisfatti, in realtà, ammettono soltanto una soddisfazione deludente, poiché nel momento stesso in cui l’essere sperimenta piacevolmente tale soddisfazione sente anche la frustrazione del *grande Desiderio*, quello di uscire da sé.

L’essere desidera fuggire da se stesso e non può farlo.

Il piacere promette l’emancipazione dell’essere, una promessa di evasione che non viene mantenuta e che quindi si mescola al dolore.

Nella nausea si sperimenta il puro essere dell’essere se stessi. L’essere si sente aderente a se stesso, chiuso in sé, assolutamente privo di finestre.

Questa sofferenza non è però causata da un deficit di potenza dell’essere, non è la sofferenza di un desiderio inappagato per incapacità.

Questa sofferenza non è negazione né privazione, BENSI’ PIENEZZA !

Inerisce al fatto di essere pienamente essere.

E’ , infatti, proprio la potenza dell’essere che lo spinge a desiderare di uscire da sé.

La necessità di evasione è l’esistenza stessa.

Ma è nella stanchezza il modo di apparire, comunque, di questo bisogno di eccedenza, di evasione.

La propensione a dormire a causa del peso dell’essere.

Fatica dell’io ad esistere.

Ma ancora e sempre l’esistente, l’essere umano, rimane iscritto nell’Essere, nel suo io affaticato e stanco per il semplice fatto di esistere come individualità ed identità.

Il soggetto trascina il carico dell’essere come un peso gravoso.

Solo un shok improvviso può risvegliare questa soggettività semiaddormentata !!

Il risveglio completo dell’essere, la piena realizzazione del suo porsi in esistenza si produce con l’irruzione della soggettività dell’Altro !!

Solo nell’incontro con l’Altro, qualcosa che non è l’Essere, che penetri la coscienza temporale, mette fine a quella astratta comprensione atemporale del mondo senza uscire da sé di Husserl e prima di lui di Kant.
Il loro regno incontrastato termina qui.

IL “DESIDERATUM” DELL’ESSEREultima modifica: 2016-03-05T18:15:46+01:00da allan11
Reposta per primo quest’articolo