ABSTRACT

Ora, quindi, prima di insegnarvi come si sta al mondo, riassumiamo chi siete voi che mi vorreste giudicare.

Voi siete i rappresentanti di una IDEOLOGIA, radicata in una POLITICA DI CASTA (falsamente mitico progressista ma che non sa trasmettere progresso), fondata su una SOCIOLATRIA con cui siete capaci solo di CONFORMARE ( perché voi siete solo dei piccolo “puscher” che vorreste vendermi talco per cocaina; cioè conformismo per non-discriminazione; conformismo sotto le mentite spoglie dell’anticonformismo ) la gente ad una società (12) NARCISISTA E MALATA DI HYBRIS (sulla cui genesi vagate ancora nel buio più totale) e che ora vi spiego io, infine, che poi mi dite se, dove e quando mi sbaglio.

L’origine della odierna società si attua in *due cambiamenti* di tendenze registrati, all’incirca, nell’ultimo mezzo secolo della nostra storia circa il modo di concepire l’individuo e la possibilità della sua azione.

*Il primo cambiamento* si si registra verso la fine degli anni sessanta. “Emancipazione” è la sua parola d’ordine che assembla l’intero continente giovanile: “tutto è possibile”. Il movimento è anti-istituzionale: la famiglia è una camera a gas, la scuola una caserma, il lavoro e il consumismo una alienazione, e la legge “borghese” uno strumento di sopraffazione di cui ci si deve liberare, da cui l’imperativo “Proibito proibire” spalmato su tutti i muri delle città.

Una libertà di costumi fino ad allora sconosciuta si coniuga ad un progresso delle condizioni materiali, e nuove prospettive di vita diventano una realtà tangibile nel corso del decennio.

Ma ecco il *secondo cambiamento*, quello che tutt’ora ben pochi hanno capito e che fa sì, come già detto, che i più stupidi poi pensino ancora “che i *diritti civili* possano fare *contro* il capitalismo, ciò che non è riuscito a fare il marxismo”.

Su questa cultura preparata dal Sessantotto, ma che il Sessantotto aveva pensato in termini SOCIALI, si impianta poi, per uno strano gioco di confluenze degli opposti, la stessa logica di impostazione americana, giocata però a livello INDIVIDUALE, dove ancora una volta “Tutto è possibile”, ma in termini di iniziativa, di performance spinta, di efficienza, di successo al di là di ogni limite, anzi, con il concetto di limite abolito (hybris) e spinto all’infinito.

E qui che casca l’asino !

Qual’è ora, infatti, il “limite” tra un ritocco di chirurgia estetica e la trasformazione in androide di Michael Jackson, o tra un abile gestione dei propri umori grazie a psicoterapie ad hoc come le vostre e/o a farmaci psicotropi e la trasformazione in “neoselvaggi robot” conformisti, efficienti, senz’anima e/o chimici, o tra le strategie di seduzione “troppo” spinte e l’abuso sessuale, o tra il riconoscimento dei diritti degli omosessuali e i diritti dei bambini di avere un padre e una madre normali ? E via dicendo…

Sono proprio le frontiere della persona e quelle tra le persone a determinare un tale stato di confusione da non sapere più chi è chi.

Ed è da qui che si instaura poi quella “patologia dell’insufficienza” (che voi curereste *rinforzando* e io, invece *ribellandosi*, anche se dalla vostra parte avete tutti i mass media possibili ed immaginabili che fanno di tutto per far credere che “Resistere non serve a niente” con “zerbinante” Premio Strega accluso), quel vissuto di inefficenza che radicalizzando le figure dell’individuo sovrano ne paga il conto con la schiavitù della dipendenza ora a voi “poliziotti della psiche”, ora agli psicofarmaci a cui, come vi ho già spiegato, siete solo capaci di aprire la strada, e dove la promessa di onnipotenza assomiglia, non a caso, a quella delle “menti migliori in cerca di droga rabbiosa”.

Il farmacodipendente e il tossico dipendente sono infatti i due versanti di quel tipo umano che infrange le barriere fra il “tutto è possibile” e il “tutto è permesso”, quell’approdo finale a cui voi stessi li state conducendo.

Questo infatti è il prezzo della libertà illimitata che l’individuo si assegna e ora, capricciosamente, pretende nella forma di Diritti elargiti a piene mani da ayatollah giuridici, tanto bravi ad assecondare gay quanto incapaci di arrestare assassini, nichilisti spacciati per epigoni della libertà si, ma ugualmente illimitata come il potere vuole; parallelamente a voi , poi, che siete rimasti ancorati ai manuali di psicologia,giuridica inclusa, del secolo scorso e, ciechi come talpe, vagate tanto senza meta quanto fingete di averne qualcuna.

Coscienza di quella patologia che invece oggi è patologia di una coscienza che è solo se stessa ma che non è mai sufficientemente se stessa, mai sufficientemente colma di identità, mai sufficientemente attiva, perché troppo indecisa, troppo esplosiva…e voi , questa esplosività siete solo capaci di incitarla lasciando libero sfogo ai cosiddetti sentimenti, a scatenarli, a lasciarli esplodere, esprimere, a non reprimerli. E’ l’obbedienza ai propri impulsi primari o immediati, quella che viene incessantemente promossa e portata ad esempio da voi che, poi, quando la curate siete solo in grado di farlo sopprimendo i sintomi di quella inevitabile depressione dilagante; che è un arresto, sensato, molto sensato, nella corsa sfrenata a cui siamo chiamati, riaccelerando, viceversa, tale corsa rendendo i vostri pazienti perfettamente omogenei a queste oscene richieste sociali. Mettendo a tacere il sintomo, che non vi parla più di nulla e che non comprendete nella sua profondità veritativa, vietando che lo si ascolti inducendo la persona a superare se stessa senza essere mai se stessa, ma solo una risposta agli altri, alle esigenze efficentistiche e afinalistiche della nostra società, con conseguente inaridimento della vita interiore, desertificazione della vita emozionale, omologazione alle norme di socializzazione richieste dalla nostra società, a cui fanno più comodo robot de-emotivizzati e automi impersonali, che soggetti capaci di essere se stessi e di riflettere sulle contraddizioni, sulle ferite della vita e sulla fatica di viverla per chi non sa vedere oltre che questa “esistenza banale”.

Ma cosa sapete mai, voi, del Desiderio che ci abita ? Voi sguazzate ne “La notte del desiderio” più oscura che ci sia mai stata, vantando, altresì, un “disincanto” catatonico che più catatonico non è mai stato e nella chiusa interiorità della vostra anima, non sollevate mai lo sguardo, come invece accadeva negli anni settanta, per dare una occhiata al sociale, a quella *esteriorità*, nel senso di Lévinas, dove, nell’ambito ristretto del proprio individualismo e dell’autoaffermazione esasperata, è colassata la relazione sociale e soprattutto quella affettiva.

Una società del disimpegno di massa che trasforma il corpo sociale, il pubblico, in un corpo esangue, in un organismo deprivato di ogni interesse, in un luogo di non-comunicazione, quasi uno spazio in disuso, dove le professioni possono anche funzionare ma senza una partecipazione emotiva, e dove le operazioni sociali avvengono in quella condizione di indifferenza burocratica che assomiglia all’assenza di gravità.

Questa è la bella notizia sul nostro tempo, l’*assoluta indifferenza*, che sembra abbia oltrepassato persino il limite segnalato da tutte le diagnosi filosofiche, (Nietzsche, in fondo, annunciava solo il crollo di tutti i valori ma non si spingeva a tanto, anche se l’”Ultimo uomo” presagiva già l’attualità) e sociologiche sul nichilismo della società europea. Nessuna angoscia, nessun pessimismo, solo una bulimia di sensazioni, di sesso, di divertimento (quel “Nichilismo gaio” di Del Noce -10) che non compensa quel vuoto di comunicazione per cui, uscendo dalla soglia di casa, si entra in quel mondo anafettivo (“Mondo bianco” e Mondo nero” li definisce Hermann Hesse in “Demian”, metafora della sua psicoanalisi con un allievo di Jung) dove ciascuno di noi perde il proprio nome perché è individuato solamente nella sua funzione.

Qui il deserto non si traduce più come nell’entusiasmo degli anni sessanta in rivolta, in grido, in sfida alla comunicazione ma in quell’estetica fredda tipica della esteriorità e della distanza.

Quando il sociale va in disuso, il privato resta senza ricambio d’aria, e l’asfissia porta o alle stragi in famiglia (9) o ai suicidi di famiglia. La morte diventa equivalente alla vita , talvolta preferibile a una vita a cui è stato tolto quell’ossigeno che è la comunicazione.

In un sistema disinvestito affettivamente, infatti, basta anche un avvenimento modesto, un nonnulla, perché la nausea della vita non trovi più alcuna resistenza. E allora, senza clamore, senza motivo, in quel deserto di indifferenza asfissiante, che toglie al nucleo familiare le tracce dell’affettività, ciascuno dei componenti della famiglia diventa agente attivo del deserto, lo amplifica, lo estende finché il deserto non ha più né inizio né fine. E’ questo il momento in cui ci si arrende perché l’indifferenza del mondo di fuori è entrato anche nella casa.

Eppure da almeno un secolo sappiamo che alla base del disagio psichico c’è una sofferenza affettiva.

E l’amore lo si può diffondere se solo le nostre anime non si sono del tutto desertificate.

E qui, ancora una volta, risalta l’ABISSALE SUPERIORITA’ DELLA PSICOANALISI , agli antipodi delle vostre reificazioni cognitive del corpo e a tutte le vostre insignificanti psicoterapie iscritte in una realtà solipsistica nonché anche linguisticamente disincarnata (13), perché stante la malattia dell’Occidente che abbiamo individuato e dettagliatamente spiegato, e a cui voi non sapete porre autentico rimedio stante le vostre “architetture computazionali” dell’uomo che vieppiù contribuite a farne solo quel neo-selvaggio robotizzato ( E VI RISPARMIO UNA LEZIONE SUL “MIMETISMO COGNITIVO” DI RENE’ GIRARD) , lei resta , almeno lei, nella sua autentica dimensione interpersonale ed empatica, quel più che mai necessario…

“Discours amoureux”

Per il fatto di essere il soggetto di un discorso amoroso durante gli anni
della mia analisi, io sono in contatto con le mie potenzialità di
rinnovamento psichico, di innovazione intellettuale, addirittura di
modificazione fisica. Una tale esperienza sembra essere l’apporto specifico
della nostra civiltà moderna alla storia del discorso amoroso: infatti lo
spazio analitico è il solo luogo esplicitamente designato dal contratto
sociale in cui abbiamo il diritto di parlare delle nostre ferite e di
cercare nuove possibilità di accogliere nuove persone, nuovi
discorsi……discorso transferenziale come nuova “storia d’amore”
…..
e in quel dialogo, nella sua forma analitica, la sofferenza prende la forma
d’un “discours amoureux”

JULIA KRISTEVA

E adesso sì, dopo questo doveroso chiarimento sulle nostre insanabili differenze, passiamo a rendere ragioni intellettuali delle accuse rivolte a questa “Casta” che saranno incentrate principalmente sull’Etica:

La biologia molecolare e la neurofisiologia potranno avere poteri ancora enormi, le neuroscienze potranno dirci molto sul cervello, molto ci dirà la genetica. C’è però una cosa su cui mai potremo avere risposte da queste scienze: sull’etica, cioè sulla modalità con cui gli uomini decidono di stabilire un contratto sociale, sui valori e sui punti in base ai quali gli uomini decidono di stabilire le modalità del proprio relazionarsi. Ebbene,io penso che FRANCO BASAGLIA abbia saputo fare questa operazione: ha saputo porre la questione al massimo livello, l’ha posta, cioè, a partire dall’etica. E ciò per riaffrontare il problema della malattia, della medicina, della relazione, a partire dal cuore dell’etica stessa, a partire dai valori, a partire da come questi valori si strutturano. A partire, ancora, da come le istituzioni organizzano concretamente questi valori, li rendono pratici, danno loro un volto concreto”

ABSTRACTultima modifica: 2015-03-03T11:01:48+01:00da allan11
Reposta per primo quest’articolo