Hanna Harendt

Il mondo d’oggi è il mondo della tecnica. Tale situazione non è altro che il compimento di un processo intrapreso dall’uomo occidentale dal XVI secolo.

La Arendt critica la società moderna perché ha privilegiato l’economic…o ed ha dimenticato il vero significato dell’agire

Vita attiva e vita contemplativa costituiscono i due momenti fondamentali della condizione umana

Il primato della vita eterna su quella mondana, della vita contemplativa su quella attiva, non è affatto di origine cristiana: risale alla filosofia greca, a Platone e Aristotele, che teorizzano la superiorità del bios theoretikos sul bios politikos. Tale superiorità è fondato sulla convinzione che “nessuna opera prodotta dalle mani dell’uomo possa eguagliare in bellezza e verità il kosmos fisico, che ruota nell’eternità immmutabile…Questa eternità si dischiude agli occhi mortali solo quando tutti i movimenti e le attività umane sono in perfetto riposo

Se al lavoro corrisponde il consumo, all’opera corrisponde l’uso

Mentre il lavoro è svolto da un animal laborans
in una natura sempre uguale, l’opera è attuata dall’homo
faber in un mondo artificiale relativamente stabile

All’opera, dunque, corrisponde
il mondo ‘artificiale’ dei manufatti stabilmente
strutturati e costruiti dagli uomini, e rappresenta la
condizione esistenziale dell’essere-nel-mondo

L’importanza
del lavoro raggiunse paradossalmente il suo apice con
Karl Marx, che indicò nella ‘forza-lavoro’ la causa della
produttività e quindi il fulcro dell’essenza umana e la
sorgente della civiltà stessa. Pur analizzando a fondo
la tematica del lavoro, Marx non colse però la distinzione
tra opera e lavoro giungendo a conclusioni contraddittorie
e fuorvianti

Il processo storico avrebbe condotto, secondo la Arendt,
verso una società in cui si è riusciti sia a diminuire drasticamente
la fatica connessa alle attività lavorative sia
a garantire loro un adeguato compenso. A tutto ciò non
è seguita, però, l’emancipazione politica dei lavoratori,
ma ne è derivato soltanto il primato dell’attività lavorativa
come tale. Tale primato si è imposto soffocando e
annullando tutte le altre capacità umane che formano la
vita activa, ovvero l’opera e l’azione

Così oggi rischiamo
che l’apparente emancipazione del lavoro non apra
nuovi spazi di libertà, ma crei una sorta di squilibrio tra
l’attività lavorativa, divenuta ipertrofica, e tutte le altre
espressioni umane.

http://www.filosofiaedintorni.eu/arendt.htm

http://www.google.it/url?sa=t&rct=j&q&esrc=s&frm=1&source=web&cd=1&ved=0CCAQFjAA&url=http%3A%2F%2Fwww.liceogalvani.it%2Fdownload_file.php%3Fid%3D10273&ei=IKq0U7noFcTZOf_HgfgJ&usg=AFQjCNFs5T-26vlB51Y1hYIOGe1TT2TCeQ&sig2=61nPlxoTOhEkxxCudqA5hw&bvm=bv.70138588%2Cd.bGQ

http://www.istud.it/up_media/pw_ruo2012/vita_activa.pdf

IL DESIDERIO UCCISO DAL TIMORE

Nascosto dietro questa, come dietro altre meno interessanti variazioni della sacralità dell’egoismo e del potere persuasivo dell’interesse soggettivo, che divennero luoghi comuni nel diciottesimo e agli inizi del diciannovesimo secolo, troviamo un altro punto di riferimento che forma certamente un principio molto più potente di qualsiasi calcolo del dolore e del piac…ere, il principio della vita stessa. In tutti questi sistemi il dolore e il piacere, il timore e il desiderio non tendono direttamente alla felicità ma alla promozione della vita individuale o a una garanzia di sopravvivenza del genere umano.
In ultima analisi, è sempre la vita il punto di riferimento supremo, e gli interessi
dell’individuo come quelli del genere umano sono sempre identificati con la vita individuale o con la vita della specie come se fosse scontato che la vita è il bene più alto.
Bentham era ancora un filosofo, sapeva benissimo che chi vuole fare del piacere il fine ultimo di ogni azione umana è portato ad ammettere che non il piacere ma il dolore, non il desiderio ma il timore, sono le sue vere guide. «Se… indagate perché [qualcuno] desideri la salute, vi risponderà prontamente, perché la malattia è penosa. Se spingete oltre l’indagine e desiderate conoscere la ragione per cui odia il dolore, è impossibile che possa mai darvene una. Si tratta di un fine ultimo, al quale non può mai riferirsi alcun altro oggetto» (74). La ragione di questa impossibilità è che solo il dolore è completamente indipendente da qualsiasi oggetto, che solamente chi soffre non sente realmente altro che se stesso; il piacere non si compiace di se stesso ma di qualcosa che è oltre sé.
http://www.google.it/url?sa=t&rct=j&q&esrc=s&frm=1&source=web&cd=1&ved=0CCAQFjAA&url=http%3A%2F%2Fwww.liceogalvani.it%2Fdownload_file.php%3Fid%3D10273&ei=IKq0U7noFcTZOf_HgfgJ&usg=AFQjCNFs5T-26vlB51Y1hYIOGe1TT2TCeQ&sig2=61nPlxoTOhEkxxCudqA5hw&bvm=bv.70138588%2Cd.bGQ

Hanna Harendtultima modifica: 2014-07-10T02:54:51+02:00da allan11
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