Variazioni sul “Principio di realtà”

FATICA
 
Spesso, chi mi segue, sente parlare del “Principio di realta’” come carente in TUTTE le patologie.
Viceversa, il “Principio del piacere”, come SEMPRE presente.
Ora, come si potrebbe tradurre detto “Principio di realtà” in un termine meno “psicoanalese” e così ben più accessibile a tutti ?
FATICA !!!
In fondo solo di questo si tratta.
Il “Principio di realtà” non è altro, in fondo, che la “fatica” che devi fare per diventare adulto.
A nessuno di noi piace, ovviamente, ma resta il fatto che senza di essa non possiamo accedere a nessuna forma di autentica felicità.
Certo, ci possiamo divertire, ridere, scherzare, ma, senza la fatica della conquista non c’è felicità.
Perchè la felicità è solo il premio della fatica.
Puoi gioire di ciò che ti è stato regalato, esserne contento, provarne anche gioia.
Ma è solo quello che ti sei conquistato tu, con la tua fatica, che ti rende assolutamente felice.Questo semplice concetto ti permette di comprendere una infinità di cose.
Perchè i giovani d’oggi “funzionano” male ?
Perchè i genitori d’oggi sbagliano tutto ?
Perchè invece di rimproverarli si indignano coi professori invece che coi figli ?
Perchè ogni giorno che passa questo sistema diventa sempre più astratto e ottuso ?
Perchè i gay aumentano ?
Perchè…perchè…perchè….ponetevi voi le domande e vedrete quante risposte troverete nell’assenza del rispetto per la fatica.
Il rifiuto della fatica.Certo, sia chiaro, io ho ben pochi titoli per parlare.
Ma una cosa ve la posso dire con certezza : soldi, Ferrari, case mi hanno permesso tanto e data tanta libertà.
Ma io so’ che il giorno più bello della mia vita è stato quello in cui mi laureai.
Perchè quello è mio. Solo mio. Quello me lo sono conquistato io.
Tutto il resto mi è stato regalato.
Ora provate a guardare la vostra vita e ditemi se la felicità non è sempre e solo stato il premio di una qualche vostra fatica.OK, questa la chiamano societa edonista, ma è solo una fregatura.
Puoi avere tanto, ma in fondo, se vuoi essere felice senza fatica il metodo migliore è drogarsi. Credetemi.
E infatti verso questa soluzione confluiscono sempre di più le persone.
E chi non si droga prende psicofarmaci , come mi faceva notare un amico farmacista, senza più alcun pudore come solo qualche anno fa’.
Perchè questa società è drogata dalla parola LIBERTA’ ma ha completamente dimenticato la FATICA.
E con la prima senza la seconda vai solo a sbattere sugli scogli, inevitabilmente, REALISTICAMENTE parlando.Poi, la prossima volta, parleremo anche del “dolore” visto che, avrete già capito come sono sono “imparentati” e come, anche questo, piaccia o meno, se opportunamente vissuto, sia tutt’altro che inutile ma faccia crescere a dismisura le persone.
 
 

FATICA & INETTITUDINE
 
Parlavo con mia moglie di questa mia “scoperta” (grazie a una mia paziente molto perspicace)…cioè dell’analogia tra Principio di Realtà e Fatica. Niente di speciale ma molto pratica, direi.
Lei, che invece ci da’ mol…to con la Letteratura, mi faceva notare come il romanzo moderno, a differenza di quello dell’ottocento, si caratterizza per questo passaggio all’intimità, diciamo, ma che più drasticamente possiamo vedere anche come “inettitudine”. Da qui il post su Svevo dopo quello sulla “fatica”.
Insomma, ho l’impressione….e qui chiedo il parere di chi ha dimostrato interesse per i post precedenti….che a un certo punto, a cavallo del ‘900, abbia avuto inizio un processo a cui siamo tutt’ora dentro. Un passaggio, in altri termini, come dal titolo, da “fatica” a “inettitudine”…che anche etimologicamente è la negazione dell'”atto”…”non-adatto-a fare qualcosa”.
Mi chiedo cosa abbia generato questo.
Certo, l’avvento del cinema, della fotografia e della psicoanalisi hanno spostato il baricentro dall’esterno all’interno dell’uomo.
L’arte, la letteratura e fors’anche la filosofia, o almeno quella contemporanea senz’altro, che non si vede il confine tra “Debole” e “Inetto”.
Poi certo, anche la morte di Dio, poi quella del “padre”….
Ma, insomma…non vedo traccia di una cultura della…dello…”sforzo”….se non appena appena nello sport. Ma poca roba.
Tutti siamo preoccupati di farne la meno possibile, io per primo,…se non proprio proprio quello che ci piace.
Di fronte ai figli che si annoiano, anche se qui non certo io, noto l’ansia che…poveriiiiiiiiiiniiiiii….
Insomma mi sembra di notare molto pressapochismo…pochismo, pochismo, pochismo…soprattutto.In sintesi la mia domanda : come e perchè ci siamo infilati in questo vicolo cieco secondo voi ?
Anche perchè urge uscirne.
Il prezzo è la salute mentale visto che, poi rifacendo il tragitto a ritroso, del “Principio di realtà” si tratta.
Quello di cui lo psicoanalista deve essere l”incarnazione” per i suoi pazienti…che la cura consiste tutta in questo.
 
 
 

L’INETTO… ovvero la psicoanalisi fraintesa

Dal libro “La coscienza di Zeno”
Gli inetti sono i personaggi presentati da Svevo nei suoi tre libri principe: la coscienza di zeno, senilità e una vita. Essenzialmente l’inetto è colui che non riesce a svolgere i suoi compiti, per esempio Zeno continua a prefiggersi degli obiettivi che non riesce a risolvere(uno fra tutti la difficoltà di smettere di …fumare protratta costantemente nel corso del romanzo). Essenzialmente gli inetti sono coloro che si adagiano sulla vita, non prendendo decisioni ne altro, non facendo bene ne male, non riuscendo a raggiungere obiettivi seppur “semplici”. C’è da dire che però a differenza degli altri due, Alfonso ne “una vita” “sfugge” dalla caratteristica dell’inetto quando decide di uccidersi.
Ricorda che la coscienza di Zeno è anche un romanzo più maturo, scritto in seguito alla guerra e fortemente influenzato dalla psicanalisi freudiana, Zeno infatti durante tutto il corso del romanzo appare come un uomo su un lettino di uno psicanalista, che ne analizza le azioni nel momento stesso che esse avvengono.
Durante tutto il romanzo lui è rassegnato a guardarsi vivere e la sua sterile saggezza, consiste in una lucida e spietata consapevolezza della propria malattia, accompagnata dalla totale sfiducia di poterla in qualche modo superare. (-> questa continua analisi del personaggio riprende il monologo interiore di joyce)

 

 

EROE & ANTIEROE “ULTIMO UOMO”
 
“Questa è l’epoca che adora gli “antieroi”L’eroe è il protagonista di storie dove compie opere straordinarie e eccezionali per fare il bene o salvare qualcuno o qualcosa in pericolo, per fare giustizia e far …trionfare il bene.L’antieroe è l’esatto opposto dell’eroe. Manca di coraggio, si fa predere della paura, non ha poteri e non riesce a combinare niente di eroico o speciale.Ad esempio, Achille è un eroe.
Egli è un uomo integerrimo, che non sbaglia o, se accade, l’errore si rivela significativo per la sua crescita personale e morale. Ha una moralità salda e incorruttibile, è solitamente prestante, onesto, un modello per le generazioni di lettori. L’eroe ha una quest, ossia una ricerca, da portare a termine, sia essa la ricerca di una donna, di un oggetto, di un ideale. Simbolicamente, per esempio, i cavalieri della tavola rotonda come Parsifal sono eroi che combattono, lottano e soffrono per ritrovare il sacro Graal che, ben lungi dall’essere semplicemente la coppa di Cristo, è simbolo di onestà, virtù e del trionfo del bene; inoltre il Graal diventa simbolo uterino con la sua forma sferica, che si associa al simbolo fallico della lancia dell’eroe. L’eroe riesce SEMPRE a portare a termine il suo ruolo/impresa/missione, talvolta anche grazie al sacrificio.L’anti-eroe è l’esatto contrario. L’anti-eroe è Mattia Pascal, è Encolpio nel Satyricon di Petronio. L’anti-eroe è un personaggio che vive in un mondo prosaico, infelice, negativo e sminuente. Egli avverte il disagio della propria epoca e condizione sociale/culturale/politica e parte per la sua quest, ma a causa delle caratteristiche personali (codardia, indolenza, pigrizia, impotenza ecc..) egli non riesce ad ottenere risultati. Accade che egli muoia, oppure si arrenda, oppure ancora abbia ben chiara la sua missione ma per indolenza o svogliatezza o impotenza non la intraprenda nemmeno
Non significa però antagonista, che se vogliamo è un eroe del male. Pero conquista la simpatia della che tifa per lui sperando che riesce lo stesso a superare i suoi ostacoli e fare il bene.In realtà è l’incarnazione del Male stesso, nella sua forma postmoderna, quella “Banale” !!
Funzionale al “Sistema” che ci vuole solo passivi consumisti, questo infingardo circuisce le menti più deboli suscitandone l’ammirazione.
Nel vuoto conseguente di pneumatici forati e dalla profondità di pozzanghere coltiva solo…”una vogliuzza oggi, una domani…una beautifarm…un po’ di schoppingh….e basta la salute”
L’antieroe è in realtà l’incarnazione di quell'”ultimo uomo”, profetizzato da Nietzsche, che della morte di Dio coglie solo l’occasione per lasciarsi andare alla propria torpitudine senza reagire.Viviamo in un mondo stracolmo di gente così. Il colmo è che si credono pure intelligenti e avanguardie quando invece sono solo gli epigoni del “Coda”, ultimi che resteranno ultimi e perennemente attigui al buco del culo. Anzi. Sorge il sospetto che il culo sia l’Inferno stesso !!

 
 
 
 
GLI SGANGHERATI
 
L’assenza della figura genitoriale paterna negli omosessuali maschi non ha come conseguenza solo un danno affettivo ma bensì soprattutto strutturale.
La psiche dell’individuo si forma, infatti, sulla contemporanea presenza …di una madre, che resterà per sempre scolpita nell’inconscio come simbolo dell’Istinto, e quella del padre, anch’essa indelebilmente introiettata nell’inconscio, come quella di colui che scinde questo legame con l’istinto per far sì che il bambino acceda alla Ragione.
Detto altresì in termini freudiani il padre ha la funzione di incarnare il PRINCIPIO DI REALTA’ in antitesi a quel PRINCIPIO DEL PIACERE rappresentato dalla madre.
Questo è il vero significato del famoso COMPLESSO EDIPICO e non altri.Ora, nell’esperienza clinica si osserva facilmente come l’assenza del padre, con le strutture psichiche a lui connesse, determini, conseguentemente, in queste persone, una carenza grave del senso della Realtà e conseguentemente dei LIMITI che la Realtà comporta.Queste brevi note hanno lo scopo di far comprendere cosa ci si possa aspettare e cosa no nel rapporto con costoro.
Non devono destare meraviglia, quindi, le insensate pretese di una uguaglianza basata su aspettative irreali poiche da una psiche così malmessa non ci si può aspettare nulla di meglio o di più.
 
 
 
LA MENZOGNA DELLA FELICITA’ GAY
Facendo seguito al post “Gli sgangherati”, dove vengono spiegate le gravi carenze del “Principio di realtà” nell’omosessuale, ora va’ distinta l’allegrezza dalla felicità.
Già la tradizione popolare ci da’ u…na traccia quando dicendo “Il riso abbonda sulla bocca degli stolti” distingue, appunto, l’allegrezza come separata dalla razionalità/realtà.
Lo stolto può essere allegro ma non può essere felice poichè quest’ultima condizione psichica necessita, si nutre, è solo nella contemporanea presenza della Realtà.
Del resto il blocco dell’evoluzione psichica ad uno stadio pre-genitale, impedendone la piena maturazione, lascia il soggetto in una condizione di perenne IMMATURITA’ che ben si concilia, appunto, in una allegrezza infantile ma che non è neppure lontanamente parente della felicità essendo quest’ultima solo la conseguenza dello sviluppo e del superamento dello stadio del “Piacere” nella piena accettazione del “Reale”, nel cui riconoscimento di superiorità rispetto al precedente, l’adulto raggiunge l’agognata meta che prima era preclusa stante il mancato superamento della “Fase depressiva” intermediaDetto in termini più semplici il passaggio dal “Principio del piacere” al “Principio di realtà” genera la fase intermedia detta “Depressiva”
Il bambino si accorge di non essere onnipotente e questa non è una scoperta piacevole. Anzi.
A questo punto rimangono due strade.
O si ferma e tende alla regressione ritrovando illusoriamente l’onnipotenza perduta, rallegrandosene gioiosamente.
O accetto lo scacco, lo elabora, comprendendo che non solo non stà perdendo nulla ma stà acquistando una nuova dimensione della vita migliore della precedente.
Nel primo caso assistiamo al “fenomeno” gay, con tutta la sua “Formazione reattiva” conseguente, con annessa la parodia di una falsa felicità.
Nel secondo caso, invece, assistiamo all’evoluzione in un uomo maturo con tutto il suo potenziale di felicità autentica.
 
TANGO
“E con tango siamo in tre, di Peter Parnell e Justin Richardson, già proposto agli educatori di Torino nel 2010: storia vera di due pinguini maschi che nello zoo di Central Park, a New York, sono diventati una coppia, hanno covato un… uovo abbandonato che aveva bisogno di cure e hanno allevato insieme il cucciolo che n’è nato.”Ora, a parte che una bestia non è un umano per la semplice ragione che la bestia ha l’istinto come guida del suo comportamento mentre l’umano… lo ha perso ed è subentrata al suo posto la Ragione, differenza non da poco visto che la bestia non ha bisogno di tutto l’apprendimento umano che culmina nel linguaggio di cui la bestia è priva…il pinguino, poi, non si nutre neppure di latte con tutto il suo corredo proprioaccettivo del bambino…e infine non si chiede se quei due lo hanno generato ma va per la sua strada quanto prima.Ora, quindi, cos’ha di educativo confondere la mente di un bambino con esempi demenziali e illogici che nulla hanno a chè vedere con la realtà, se non quello di candidarlo alla psicosi ?
Variazioni sul “Principio di realtà”ultima modifica: 2014-02-18T17:59:28+01:00da allan11
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