L’Identità è solo individuale

Ci sono un sacco di disperati che per darsi un’identita’ hanno bisogno di aggrapparsi al proprio genere sessuale (uomo/donna), all’appartenenza etnica (bianco/nero, italiano/straniero), alle credenze religiose (cristinao/musulmano), alle idee politiche (destra/sinistra). Mi chiedo quanta insicurezza nutrano per essere incapaci di essere semplicemente degli individui unici senza ricercare l’appartenenza ad un qualche gruppo, popolo, branco, gregge..

 
OMAGGIO A CARL GUSTAV JUNG

Se l’impianto teorico di Freud è intuitivo, quello di Jung è visionario. Nessuno fra gli psicologi, prima e dopo di lui, ha osato tanto sul piano dell’immaginazione, nemmeno il suo seguace americano James Hillman. Gli archetipi sono forme a priori della natura umana che, come tali, organizzano dall’inconscio collettivo l’esperienza delle grandi masse umane. E come ogni cosa della natura, dal vento ai cataclismi, non hanno alcun senso morale: agiscono sulla base di istanze così vaste, così collettive, appunto, che gli individui ne possono essere travolti. Sotto lo stesso archetipo, quello dell’eroe, Colombo ha scoperto un nuovo continente, ma Hitler ha guidato la Germania negli abissi della peggiore guerra che l’umanità abbia mai visto. Solo l’individuazione può salvare l’individuo da questo trascinamento da parte del collettivo. La visione dell’individuazione è il vero colpo di genio di Jung, è il suo daimon. L’individuazione è il percorso sulla base del quale ciascuno di noi può realizzare l’essenza più profonda di se stesso. Ma “molti sono i chiamati, pochi gli eletti”, dice Jung riecheggiando la sapienza antica. Pochi sono quelli che compiono l’intero percorso per essere individui differenziati e allo stesso tempo utili strumenti consapevoli del proprio destino e della storia cui appartengono. Maturare significa sforzarsi, crescere, andare verso la perfezione del Sè. Tutti gli psicologi dopo di lui hanno seguito Jung sulle tracce di questa visione, parlando di “realizzazione di se stessi”. Pochi però lo citano. Ne sentono l’inarrivabile estraneità. Perché hanno intuito che l’individuazione seleziona e divide, non è per tutti, non è democratica. “molti sono i chiamati, pochi gli eletti”. Questo è Carl Gustav Jung. Prendere o lasciare.

 
” Alla fin fine che cosa spinge un uomo a scegliere di seguire la propria strada e a emergere dall’identità inconscia con la massa come da una cappa di nebbia? Non può essere la necessità, perché la necessità si presenta a molti, e tutti cercano rifugio nelle convenzioni. Non può essere la decisione morale, perché in genere scegliamo le usanze consuete. Che cos’è dunque che fa pendere inesorabilmente la bilancia a favore dell’inconsueto?
È ciò che comunemente si definisce VOCAZIONE; un fattore irrazionale, che fatalmente spinge a emanciparsi dalla massa e dalle strade già battute. La personalità autentica ha sempre una vocazione, e ha fede, ha fiducia (pistis) in lei come in un dio, benché, come direbbe l’uomo comune, sia soltanto un suo modo di sentire. Questa vocazione tuttavia opera come una legge divina, cui non c’è deroga. Il fatto che moltissimi seguendo la propria strada finiscano in rovina, non significa nulla per chi ha una vocazione. Egli deve ubbidire alla propria legge, come se fosse un demone a suggerirgli nuove, straordinarie strade. Chi ha una vocazione sente la voce della sua interiorità, è “chiamato”. “

– Carl Gustav Jung, psicoanalista svizzero –

L’Identità è solo individualeultima modifica: 2013-08-10T13:54:00+02:00da allan11
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