Mimesi (I miti)

 

Miti e riti sono strettamente interconnessi, ovvero sono, in altri termini, solo “il linciaggio fondatore cammuffato”

Miti e riti mettono in scena l’identica realtà ma, mentre i secondi la mettono in pratica i primi la rappresentano soltanto, e in modo cammuffato, appunto.
La tragedia greca, già nel nome, mette in luce un finale di morte senza rimedio proprio come i riti sacrificali, ma ne lascia sospesa la decifrazione delle sue analogie con il rito perchè ottiene ugualmente quell’effetto catartico sul pubblico di un vero e proprio rito cruento, anche se solo per via simbolica. Questo avviene però già in un secondo tempo, in una seconda fase dell’evoluzione dell’uomo, quando cioè l’ominide si è ulteriormente distanziato, sviluppato, evoluto rispetto al, diciamo per intenderci, il periodo… “afono”… del rito.

Ed è infatti proprio sulla nascita del pensiero nell’ominide che si scontrano le teorie di Claude Lévi-Strauss, Sigmund Freud e René Girard

Ma andiamo per gradi

Ne “Il totemismo oggi” Lévi-Strauss tenta di confutare “Totem e tabù” di Freud. In quest’opera l’analisi dei miti è subordinata al disegno principale di screditare la nozione stessa di totemismo sostenuta da Freud,
La prospettiva di Lévi-Strauss è *aprioristicamente* linguistica, nel più classico stile strutturalista, e vede solamente nei miti la messinscena del pensiero nascente di trovare lo spazio, di *fare spazio*, quasi come una specie di “portale temporale” come nei più risibili film di fantascienza infatti, una frattura attraverso il quale accedere ad un altra dimensione, quella del pensiero e del linguaggio, appunto….di allontanare cioè le cose le une dalle altre, per differenziarle, al fine che si possano creare quegli *interstizi*, appunto, tra di esse, che permettano al pensiero di insinuarsi.

Pensiero della differenza lo strutturalismo percepisce necessariamente le cose in termini di distanziamento e il pensiero mitico, secondo Lévi-Strauss, non cerca di fare altro, *inventando* i suoi drammi favolosi, che di spazializzare la differenza, di rappresentare metaforicamente il processo differenziatore. Il pensiero selvaggio, insomma, è già pregiudizialmente strutturalismo, ma strutturalismo selvaggio che *confonde* il processo differenziatore con un avvenimento reale non riuscendo a concepirlo in maniera sufficientemente astratta, a detta dello stesso Lévi-Strauss

Ma vediamo però che nell’interpretazione di Lévi-Strauss ritornano costantemente termini come *sottrazione*, *distruzione*, *eliminazione radicale*, ma non si applicano mai a una violenza reale contro un individuo reale.

Insomma, secondo Lévi-Strauss, il mito non è che la rappresentazione *fittizia* della genesi culturale, e non è mai il resoconto trasfigurato di una genesi reale.

Ma, se il dramma si riduce a un procedimento per sgombrare il campo mitico, bisogna che il frammento o i frammenti eliminati facciano parte di questo campo fin da principio. Se, infatti, per caso non ne facessero parte, se cioè fossero dei corpi estranei introdotti tardivamente in questo campo, la loro eliminazione non fornirebbe alcun supplemento di spazio rispetto alla situazione iniziale.

Ed è proprio quello che capita nei miti analizzati da Lévi-Strauss.
E’ qui che lo schema topologico di Lévi-Strauss crolla !!
Infatti è proprio quello che avviene nei due miti che Lévi-Strauss raffronta per suffragare la sua tesi ne “Le totémisme aujourd’hui”, quello degli Indiani Ojibwa e quello dei Tikopia nell’Oceano Pacifico; e si potrebbero pure invocare gli altri innumerevoli miti strutturati esattamente come questi due portati ad esempio e categorici a proposito della *iniziale esternità del frammento eliminato*
Anche qui vi è una “eliminazione radicale”, ma il “frammento eliminato” NON APPARTIENE però alla totalità originaria.

Detto ancora in altri termini, quindi, l’anima bella Lévi-Strauss, ignorando il sottofondo sacrificale, cruento dei miti, si può ben concludere dicendo che si illude che il pensiero nasca per una vera e propria ridicola nonmeno che fantascientifica… “immacolata concezione” !!

Assurdo ! 

Ma perchè questo errore dove son caduti tutti ?
E’ qui che la psicologia e soprattutto l’analisi del profondo possono essere di grosso aiuto, ritengo !

L’enigma che né Levi-Strauss né gli altri interpreti della mitologia sono mai riusciti ad individuare è dovuta al fatto che la prospettiva in cui è rappresentato il mito è quella degli stessi linciatori.
E’ quindi di fondamentale importanza, nel più classico stile psicoterapeutico di “mettersi nei panni altrui”, o per dire ancor meglio di “osservare dall’esterno”, di invertire cioè questa prospettiva unilaterale per coglierne l’enigmaticità.

Bisogna quindi innanzitutto rifiutare tutte le teorie a-priori di questa rappresentazione dove coloro stessi che la rappresentano sono i primi ad essere incapaci di riconoscervi un’accusa trasfigurata in certezza pena lo svanire stesso della sua efficacia che presuppone la necessità dell’accordo unanime della comunità al fine di ottenere quella riconciliazione vendicatrice contro la vittima espiatoria che è appunto lo scopo della rappresentazione mitica stessa

Tra la nascita del pensiero umano e la mitologia (o, per lei, tutte le forme religiose) c’è un rapporto.
Ma per Lévi-Strauss questo rapporto è puramente rappresentativo, nel più classico stile platoniano  come abbiamo messo in luce all’inizio di questo discorso sulla “mimesi”, incorporeo, mentalistico, quella “immacolata concezione” dissociata, idealistica e ononanista che arriva fino all’attualità, quella concezione appunto della mitologia che metterebbe in scena in maniera inevitabilmente fantasiosa la genesi *innocente* del pensiero umano.

Lévi-Strauss constata ma non spiega poi mai quella giustapposizione universale, troppo frequente per essere frutto del caso, tra la connotazione negativa del frammento eliminato e la connotazione altresì positiva dell’eliminazione stessa e che si presenta generalmente nella forma di una espulsione collettiva di quella vittima, cioè, che da *onnipotente per il male*, assurge poi ad *onnipotente per il bene* per la pace che procura, e in cui và vista la genesi della divinizzazione e del divino stesso, ben più nonchè contrariamente a quelle risibili e gratùite sciocchezze di un David Hume o chi per esso.

E’ la divinizzazione a rivelare infatti l’efficacia del linciaggio, nonchè quello che abbiamo chiamato l’inganno in cui cadono tutti gli altri interpreti della mitologia, poichè essa può poggiare solo su una totale impotenza ad individuare il transfert del quale la vittima diviene oggetto, ed è, certo, a questo transfert unanime che la comunità deve la sua riconciliazione; proprio per questo motivo il ritorno alla pace e all’ordine è attribuito alla vittima.

Abbiamo qui a che fare con qualcosa di sociale, di collettivo, ma non è Jung con i suoi archetipi all’acqua di rosa che può illuminarci, né tantomeno i suoi deliranti epigoni come Hilmann, che sulle scemenze di una mitologia malintesa c’ha costruto una carriera.
Meglio di gran lunga Freud che resta quello che più di ogni altro si è avvicinato alla soluzione dell’enigma, e comunque anche Lévi-Strauss, di cui la tesi di Girard è solo il completamento di entrambi questi giganti e non qualcosa di contrario, sia chiaro !!

Mimesi (I miti)ultima modifica: 2011-10-11T17:03:00+02:00da allan11
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