POSTMODERNISMI…
Generalmente si ritiene che il postmoderno sia analogo in Europa e negli
Stati Uniti d’America.
In realtà, ad una osservazione meno superficiale, compaiono differenze
tutt’altro che trascurabili e che anzi fanno sì che possiamo vedere due tipi
se non proprio opposti comunque estremamente diversi tra loro di
postmoderno.
Facciamo prima un elenco delle dicotomie presenti :
EUROPA AMERICA
Dialettica Pragmatismo
Estromissione Indifferenza
Licenza Libertà
Contro Oltre
Chiuso Aperto
Retorica Inaudito
Codice Veicolo
Sapienziale Viaggio
Memoria Uso
Retroterra Orizzonte
Verticale Orizzontale
Sapienza Curiosità
Desiderio Impulso
progettuale vitalistico
Liberatorio Sperimentale
Intenzionale Naif
Emancipativo Carnevalizzazione
Tragico Comico
Da questo elenco si può vedere come l’atteggiamento nei confronti della vita
sia decisamente diverso come traspare dalla dicotomia finale
“Tragico-Comico” che, a mio giudizio, sintetizza bene il tutto. Il
Postmoderno nasce in America e da lì si trasferisce poi in Europa , ma si
trascura DOVE E’ NATO, negli Usa, e chi ne è il “padre” fondatore : ad
Havard, Università fondata dai calvinisti-puritani, ed Emerson, calvinista e
puritano.
Ora, cosa si vuole mettere in luce dicendo questo ?
Innanzitutto che l’atteggiamento nei confronti del Sacro è agli antipodi di
quello europeo.
Là, il Sacro, è dato per scontato, è fuori discussione, non se ne parla
neanche tanto è assodato, al contrario che in Europa !
E questo comporta tutte le differenze elencate nello schemino Europa-America
In America non si parla di trascendenza perchè tutto quello che c’è da
sapere è già nelle Sacre Scritture, Bibbia in primis, e quindi si va
“pragmaticamente” “oltre” e non “contro” come in Europa, con atteggiamento
“aperto” e non “chiuso”, dove la “libertà” non è “licenza” libertina, dove
non c’è la “liberazione” di un popolo da chissa quali oppressori, ma solo la
“sperimentale” ricerca di nuovi modi di vita “on the road”, “sulla strada”,
nel “viaggio” sempre “orizzontale” di nuovi “orizzonti”, con “curiosità” e
senza “sapienzale” sicumera, senza “retorica” ma aperti all'”inaudito” dove,
in ultima istanza, resta tutto lo spazio “naif” per la GIOIA della
“carnevalizzazione” e del “comico” di una “commedia” e non la tetra paranoia
del “tragico” e della disperazione, tanto chic, nostrana.
Insomma, il “nuovo mondo” resta più che mai nuovo e la vecchia europa, più
che mai vecchia, arteriosclerotica e paranoica.
…& POSTSCIENZA
“La fisica del non-equilibrio, che è venuta prendendo forma negli ultimo
decenni, è in effetti una scienza nuova.
[…]
Come abbiamo già sottolineato, tanto nella dinamica classica quanto nella
fisica quantistica, le leggi fondamentali esprimono ora delle possibilità e
non più delle certezze
[…]
Noi pensiamo di essere oggi a un punto cruciale di quest’avventura, al punto
di partenza di una nuova razionalità che non identifica più scienza e
certezza, probabilità e ignoranza.
[…]
In questi anni di fine secolo viene spesso posto il problema del futuro
della scienza.
Per qualcuno, come per Stephen Hawking siamo vicini alla fine, al momento in
cui saremo in grado di decifrare il “pensiero di Dio”.
Io credo , al contrario, che siamo solo all’inizio dell’avventura.
Stiamo assistendo all’emergere di una scienza che non si limita più a
studiare situazioni semplificate, idealizzate, ma che si mette di fronte
alla complessità del mondo reale : una scienza che consente alla creatività
umana di vivere se stessa come espressione singolare di un carattere
fondamentale che è comune a tutti i livelli della natura.
[…]
Il lettore non è invitato a visitare un museo archeologico ma a partecipare
a un’escursione in una scienza in divenire
La nuova visione che emerge oggi è dunque una descrizione equidistante tra
due rappresentazioni alienanti : quella di un mondo deterministico e quella
di un mondo arbitrario soggetto al solo caso.
Le leggi non governano il mondo, ma questo non obbedisce neppure al caso.
Le leggi fisiche corrispondono a una nuova forma di intellegibilità,
espressa da rappresentazioni probabilistiche irriducibili.
Esse sono associate all’instabilità e, tanto a livello microscopico, quanto
a livello macroscopico descrivono gli eventi come possibili, senza ridurli a
conseguenze deducibili e prevedibili di leggi deterministiche.
Questa distinzione tra ciò che può essere previsto e controllato e ciò che
non può esserlo avrebbe potuto soddisfare l’esigenza di intelligibilità
della natura che è al cuore dell’opera di Einstein ?
In questo processo di costruzione di una stretta via tra leggi cieche ed
eventi arbitrari, scopriamo che gran parte del mondo che ci circonda era in
precedenza “scivolato via tra le maglie della rete scientifica”, per
riprendere l’espressione di Whitehead.
Noi discerniamo nuovi orizzonti, nuove domande, nuovi rischi.
Stiamo vivendo un momento previlegiato nella storia della scienza.”
Ilya Prigogine
“La fine delle certezze”
Boringhieri 1997
Ora, quello che personalmente mi affascina di questa nuova visione della
scienza, in questo invito a “non fare dell’archeologia” ma della
…”teleologia”, è la sovrapponibilità con lo schema “geografico” dei
“Postmoderni” del mio articolo precedente.
Da cui il titolo di questo come ideale prosecuzione e conclusione.
Pare infatti di rivedere nella scienza l’equivalente della duplice corrente
nella filosofia.
Una “chiusa”, che auspica la chiusura stessa del discorso nella illusoria
“decifrazione del pensiero di Dio”
Una invece “aperta”, autenticamente “pragmatica”, dove la possibilità, il
futuro, tutto si spalanca verso nuovi “orizzonti” dove c’è spazio anche per
la gioia di una “probabile ” speranza.
Dove, cioè, anche l’*intuizione* (bergsoniana) di un *desiderio* come
dimensione metatemporale che vive nel tempo ma non è determinato dal tempo,
riconquista lo spazio preclusogli dalla *misurazione*