Fitness & Marlboro

Tu devi vivere, devi assolutamente vivere al meglio, potenziando e attualizzando al massimo il possibile che ti è dato.
Sono queste le ingiunzioni implicite alle quali rispondiamo ponendo al centro dei nostri valori la fede e la speranza in una vita illimitata, in cui nulla rimanga inespresso.
La normatività, oggi, non si esprime più attraverso il divieto, in una restrizione del campo delle possibilità, essa continua a imporsi con forza, declinando in molteplici imperativi il suo assunto di partenza, secondo cui la vita è intrinsecamente positiva
È un a priori storico e concreto fatto di stratificazioni di senso, individuali e collettive, che agisce su tutti i soggetti coinvolti, senza che questi ne siano sempre consapevoli, e li porta a condividere il suo sistema di presupposti. È un insieme di norme che, pur non costringendo nessuno a rispettarlo, sollecita a riprodurne assunti e contenuti.
Non si tratta solo di conservatio vitae, ma di un’irresistibile sollecitazione al comportamento conforme in nome di possibilità di potenziamento e di durata.
Le democrazie moderne occidentali ci hanno fornito numerose chances di autorealizzazione: non si tratta, allora, di contestare i risultati della “civiltà”, della cultura e delle scienze, e nemmeno di mettere in questione tutte le politiche volte alla cura e alla tutela; ma piuttosto di interrogare gli effetti collaterali che l’illusione di immortalità produce nella relazione tra soggettività e potere. Perché più una vita accresce le opportunità di consolidare la propria affermazione e la propria durata, più si presterà a essere determinata da altri.

Interiorizziamo imperativi che ci dettano il “dover essere”, ci adattiamo senza scarti alle norme, tanto che, come lamentano i critici della cultura, le nostre esistenze sembrano ormai programmate per diventare prede delle futili seduzioni del consumo e della società dello spettacolo.
Ma continuare a incolpare il potere, anonimo e ingannevole, che ci lusinga per meglio opprimerci o che ci invoglia per meglio sfruttarci, vuol dire ricorrere ancora una volta all’alibi offerto dalla visione dualistica.
In altri termini, nessun potere oggi ci minaccia o ci ricatta con la violenza, e la magia dei manipolatori occulti è squadernata sotto gli occhi di chiunque abbia voglia di guardare.
Se la nuova normatività dell’ottimizzazione della vita si impone, e con essa nuove forme di acquiescenza e di indifferenza, è perché noi non solo la accettiamo, ma cerchiamo a ogni costo di metterla in atto.

Il nuovo imperativo occidentale ingiunge infatti la massimizzazione della propria vita, e innanzitutto di quella biologica. Quasi che l’imperativo categorico recitasse: “Fa’ del miglioramento della tua vita la legge universale e assoluta della tua condotta”.
Così, assorbiti dall’imperatività di un progetto infinito – massimizzare la vita non può che essere un impegno interminabile – non abbiamo né il tempo né lo spazio per distanziarci da noi stessi: per percepire e giudicare la realtà, spesso dolorosa, che “è là fuori”.

Il potere, infatti, o meglio, i diversi poteri giocano con il nostro desiderio di vita.
Quale effetto collettivo potrebbe mettersi in moto se si diffondesse il dubbio che non cerchiamo “la salvezza”. Che non ci interessa l’illusoria promessa, fatta balenare da grandi o piccoli poteri, di un rafforzamento e di un prolungamento della nostra “durata”?
Agiamo, almeno una volta, nella consapevolezza che la nostra vita e la nostra morte appartengono l’una all’altra!
Non tanto per accedere a una conoscenza vera di noi stessi e del mondo, ma per riuscire a fare del gioco parresiaco, del rispondere in prima persona e con il nostro corpo, con la nostra forma di vita etica, della verità che enunciamo.

La prima esperienza della libertà, si sa e Hegel ce l’ha insegnato bene, è il non avere paura di morire.
Chi cede per aver salva la vita diventa il servo, chi non cede il signore.
Rischiare la propria (sottolineo: *propria*) vita intima e cara in un conflitto a morte non è facile, specie se il nemico è molto più forte di te.
Questo non significa che “il potere” sia di per sé malvagio.
Significa che bisogna imparare a difendersi, e a organizzare la propria difesa, individuale e comune, perché la possibilità del conflitto a morte è la condizione permanente della politica, e non svanisce *mai*, in nessuna circostanza storica passata, presente, futura.

http://www.leparoleelecose.it/?p=11387

 
 
Fitness & Marlboroultima modifica: 2013-11-01T02:47:00+01:00da allan11
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