LA SCIENTIFICITA’ : SOLO CERTEZZE SICURE MA INUTILI

La scientificità a cosa serve per me stesso ?
Si definisce scienza una conoscenza certa.
Ridotto ai suoi atomi di evidenza l’oggetto si offre alla certezza
Ma la certezza non riguarda che degli oggetti che si rapportano a me non essendo esattamente me, né come me.

I prodotti della tecnica e gli oggetti della scienza, le tesi della logica e le verità della filosofia possono certo godere di tutte le certezze del mondo, ma che me ne faccio, io, che non sono un prodotto della tecnica, né un oggetto della scienza, né una tesi della logica e neppure una verità della filosofia ?
Solo certezze secondarie e derivate, estranee e in fondo futili trascurando e ignorando la sola certezza che mi riguarda, la certezza di me.

Il calcolo logico, le operazioni matematiche, i modelli dell’oggetto e le sue tecniche di produzione offrono una certezza perfetta : e allora ?
A che scopo ?
La loro certezza non mi riguarda perché vivo nel loro mondo soltanto di passaggio, facendovi di tanto in tanto un giro da padrone, ma vivo altrove.
Detto semplicemente il progresso tecnico non migliora né la mia vita, né le mie capacità di vivere bene, né la mia conoscenza di me stesso..
Solo certezze sicure ma inutili.

Occorre quindi che io non sia solo con certezza ma di una certezza che mi importi.

Fin dall’inizio nasciamo non per nostra volontà ma perché siamo voluti da altrove. Quindi, fin dall’inizio sono in quanto mi si vuole bene o male, in quanto posso essere accolto o no, amato o odiato.
Sono in quanto suscettibile di una decisione che non mi appartiene e mi determina a priori, perché mi giunge da altrove, dalla decisione che mi rende o meno amabile

Per me, quindi, essere, si trova sempre determinato da una sola tonalità originaria : essere in quanto amato o odiato da altrove

Ne io ne nessuno possiamo fingere che l’essere o meno amati non apra una differenza cardinale.
Si può seriamente affermare che la possibilità di ritrovarsi amato o odiato non lo riguardi affatto ?

Alla luce di ciò è solo una “alterità originaria” che potrà rassicurarmi dell’unica domanda che non sia solo una certezza ma che veramente mi importi.
“Sono amato ?”

Prendiamo, ad esempio, i tormenti di una sistemazione all’estero.
Il primo sguardo, entrando nel nuovo appartamento, va al telefono. La prima preoccupazione è di sapere come funziona (come si prende la linea, i prefissi, la compagnia telefonica, l’abbonamento), la prima libertà quella di usarlo.
Tali dettagli banali vanno presi sul serio, perché descrivono l’esperienza incontestabile, quell’altrove che esercita la funzione di mio centro che non varierà mai, che solo mi interessa.
Quel “laggiù” irriducibile al “qui”.
Quel luogo che definisce lo spazio secondo la domanda “Sono amato ?”
In quel tempo, contemporaneamente, che è poi l'”attesa”
L’altrove, in questo caso non c’è, non risponde, non ha chiamato, non ha lasciato un messaggio.
Durante tutta questa mia attesa il tempo non passa.
Nulla accade mentre attendo
“Ancora niente, sempre niente”
Quando attendo vivo ciò che può accadere da altrove, senza il quale nessun presente e nessun passato mi interesserebbero.

Non è “Essere o non essere” la domanda assoluta, ma…
“Sono amato o no ?”

In conclusione, quindi, così come l’ego, finché cerca una certezza, può sognare di giungere a una tautologia (penso quindi sono e sono in quanto penso ciò che penso), così, quando l’ego intende affrontare la vanità, che scredita la sua esistenza intimandogli “A quale scopo ?”, deve ammettere un’alterità originaria, un’origine che l’altera, vengo rassicurato di me solo a partire da altrove, perché, quando si tratta di chiedere “Sono amato da altrove”, posso solo constatare che non sono il principio e neppure l’origine di me stesso.

LA SCIENTIFICITA’ : SOLO CERTEZZE SICURE MA INUTILIultima modifica: 2017-11-04T13:06:11+01:00da allan11
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