Lezioni d’Amore

IL SILENZIO DELL’AMORE

Oggi la filosofia non dice più nulla dell’amore. Si potrebbe quasi dubitare che i filosofi lo provino, se non si intuisse piuttosto che temono di non aver nulla da dire. E a ragione, perchè sanno, meglio di chiunque altro, che non abbiamo più le parole per dirlo, né i concetti per pensarlo, né la forza per celebrarlo.
Di fatto i filosofi l’hanno lasciato nell’abbandono, privato di significato e infine respinto ai margini oscuri ed inquieti della loro presuntuosa ragione, con ciò che viene rimosso, il non detto, l’inconfessabile.
Altri discorsi pretendono di ovviare : la poesia e il romanzo, ma senza spiegarmi ciò che mi capita nella realtà; la teologia, ma troppo governata dalla Passione da annullare le mie passioni; la psicoanalisi, ma proprio per constatare che mi mancano le parole per dirlo e i concetti per pensarlo.
Da questi sforzi inutili risulta che la persona qualunque si crede condannata ai peggiori inganni : il sentimentalismo , la pornografia, l’ideologia.
Così la filosofia tace e, in questo silenzio, l’amore scompare.

“Cogito ergo sum”, poi, è il più grande inganno perchè appena ci distrarremo da questo scritto, da questo computer, da questo libro e da qualunque cosa stiamo facendo, il nostro pensiero non si ripiegherà su se stesso ma immediatamente andrà a nostra moglie, a nosto figlio, al fidanzato o fidanzata, al padre, la madre, il fratello, l’amico, al cane e al gatto, a tutti coloro che AMIAMO o odiamo perchè questa è la nostra istanza più profonda, e non il pensiero , se non appunto, quando AMIAMO pensare, desideriamo pensare. Anche il solo fatto di chiedersi “chi sono” deriva da quell’ a-priori che è il desiderio di sapere chi sono perchè AMO sapere chi sono ben prima di saperlo e senza la spinta di questo desiderio non me lo sarei neppure chiesto.
L’animale non sa’ chi è perchè non ama, vive d’istinto. Se questo animale veramente andasse oltre l’istinto non potrebbe rinunciare a chiederselo. Perchè amare vuol dire voler sapere, voler conoscere. La Filosofia ha origine dall’amore stesso. Basta il suo nome a testimoniarlo : “amore della saggezza”
Ma la filosofia non ama più l’amore che le rammenta le sue origini e la sua dignità.
Ama l’ideologia, questo sapere che tutto sacrifica al potere. Preferisce la menzogna alla verità, purchè tale menzogna gli assicuri il potere.
Ma ritornare al primato dell’amore non significa certo essere esiliati al di fuori di ogni razionalità ma solo raggiungere una “ragione più grande”; quella che non si limita al mondo delle cose o alla produzione degli oggetti, ma governa il nostro cuore la nostra individualità più profonda quindi autentica, la nostra vita e la nostra morte.
In sostanza : ciò che ci definisce a fondo in quel che in ultima istanza ci riguarda.

Quello che viene omesso nella definizione cartesiana di “ego” dovrebbe scioccarci come un mostruoso errore di descrizione di un fenomeno che è pure il più vicino ed accessibile: colui che sono per me stesso.

 

COGITO ERGO SUM E’ LA PIU’ GRANDE MENZOGNA

…perchè appena ci distrarremo da questo scritto, da questo computer, da questo libro e da qualunque cosa stiamo facendo, il nostro pensiero non si ripiegherà su se stesso ma immediatamente andrà a nostra moglie, a nosto figlio, al fidanzato o fidanzata, al padre, la madre, il fratello, l’amico, al cane e al gatto, a tutti coloro che AMIAMO o odiamo perchè questa è la nostra istanza più profonda, e non il pensiero , se non appunto, quando AMIAMO pensare, desideriamo pensare. Anche il solo fatto di chiedersi “chi sono” deriva da quell’ a-priori che è il desiderio di sapere chi sono perchè AMO sapere chi sono ben prima di saperlo e senza la spinta di questo desiderio non me lo sarei neppure chiesto.
L’animale non sa’ chi è perchè non ama, vive d’istinto. Se questo animale veramente andasse oltre l’istinto non potrebbe rinunciare a chiederselo. Perchè amare vuol dire voler sapere, voler conoscere. La Filosofia ha origine dall’amore stesso. Basta il suo nome a testimoniarlo : “amore della saggezza”
Ma la filosofia non ama più l’amore che le rammenta le sue origini e la sua dignità.
Ama l’ideologia, questo sapere che tutto sacrifica al potere. Preferisce la menzogna alla verità, purchè tale menzogna gli assicuri il potere.
Ma ritornare al primato dell’amore non significa certo essere esiliati al di fuori di ogni razionalità ma solo raggiungere una “ragione più grande”; quella che non si limita al mondo delle cose o alla produzione degli oggetti, ma governa il nostro cuore la nostra individualità più profonda quindi autentica, la nostra vita e la nostra morte.
In sostanza : ciò che ci definisce a fondo in quel che in ultima istanza ci riguarda.

Quello che viene omesso nella definizione cartesiana di “ego” dovrebbe scioccarci come un mostruoso errore di descrizione di un fenomeno che è pure il più vicino ed accessibile: colui che sono per me stesso.

 

 

VANITA’

I prodotti della tecnica e gli oggetti della scienza, le tesi della logica e le verità della filosofia possono certo godere di tutte le certezze del mondo, ma che me ne faccio, io che non sono un prodotto della tecnica, né un oggetto della scienza, né una tesi della logica e neppure una verità della filosofia ?
La sola indagine il cui risultato mi interesserebbe davvero riguarderebbe la possibilità di stabilire qualche certezza sulla mia identità, il mio status, la mia storia, il mio futuro, la mia morte, la mia nascita, la mia carne, in breve, sulla mia ipseità irriducibile.

Basterebbe che rivolgessi a tutte quelle certezze della scienza, della logica, della tecnica o della filosofia una semplice domanda : “A che scopo ?”
Il calcolo logico, le operazioni matematiche, i modelli dell’oggetto e le sue tecniche di produzione offrono una certezza perfetta, una “qualità totale” : e allora ?
In che cosa questo mi riguarda se non per il fatto di essere impegnato nel loro mondo e di iscrivermi nel loro spazio ?
Dato che io resto, tuttavia, altro, diverso e altrove rispetto a loro ed anche se, certo, io intervengo nel mondo degli oggetti, non ci vivo però, perchè io ho lo splendido previlegio di aprire loro un mondo che, senza di me, non otterrebero da soli, ma la loro certezza però non mi riguarda perchè io vivo nel loro mondo solo di passaggio, facendovi di tanto in tanto un giro da padrone che, però, vive altrove.

Quindi posso, o meglio non posso evitare di, percepire, nei confronti di quella certezza l’insopprimibile tonalità della sua VANITA’.

Tali vane certezze, ammesso di poterle ottenere, non mi interessano, non mi riguardano, né colpiscono me che non appartengo al loro mondo.
Con linguaggio banale si dirà che il progresso tecnico non migliora né la mia vita, né la mia capacità di vivere bene, né la mia conoscenza di me stesso.
Poichè non mi dicono nulla di me lasciati, quindi, a loro stessi, soccombono all’indiferenza, al verdetto della vanità.
La vanità scredita la certezza degli oggetti che, ovviamente, restano sicuri e certi. Ma tale sicurezza non mi rassicura in nulla su di me, non mi certifica alcunchè.

Certezza inutile e sicura

 
ALTERITA’ ORIGINARIA

Occorre quindi che io sia non solo con certezza, ma di una certezza che mi importi.
Si deve quindi farla finita con la superbia fingendo di non sentirsi toccati nell’intimo dalla vanità di ogni certezza, soprattutto di quella certezza desertica che mi conferisco pensandomi.
Certo, posso produrre e riprodurre la mia certezza di essere ma non posso rassicurarmi contro la vanità del tutto.
Ormai devo rinunciare all’autonomia, questa ossessione senza risposta.
Solo un altro diverso da me potrebbe rassicurarmi come una guida di montagna assicura il suo cliente, perchè l’ego produce la certezza mentre la rassicurazione la supera radicalmente, perchè proviene da altrove e lo esenta dallo schiacciante fardello dell’autocertificazione, assolutamente inutile e disarmante di fronte alla domanda “A che scopo ?”

Certificare me stesso, la mia esistenza, dipende dal mio pensiero, quindi da me.
Ma ricevere la rassicurazione contro la vanità della mia esistenza certa non dipende da me, ma richiede che io impari da altrove che io sono e , soprattutto, se ho da essere.

Ora avviene quindi che io non sono più perchè lo voglio o lo penso, ma perchè sono voluto da altrove.

Ma cosa significa che la vanità può essere annullata solo da un avvenimento che mi proviene da fuori di me, fuori dal mio io e dal mio narcisismo solipsistico per quanto sofisticato ?
Significa che questo superamento mi può venire solo dal bene e dal male, nel senso più stretto, da donna a uomo, da uomo a uomo, da gruppo a gruppo; ma anche, in primo luogo, persino da cose inanimate, perchè il mondo può divenire per me ospitale o inospitale, il paesaggio ingrato o ridente, la città aperta o chiusa, la compagnia degli esseri viventi calorosa o ostile e così via.
Quindi, sono in quanto mi si vuole bene o male, in quanto posso sentirmi accolto o no, amato o odiato.
Così la rassicurazione decide, al di là della certezza, che io potrei essere solo in quanto amato o no.
In quanto amato da altrove e non in quanto io mi penso, da solo.
Per me essere si trova sempre determinato da una sola tonalità, la sola originaria : essere in quanto amato o odiato da altrove.

Solo egoismo radicale, allora, si chiederà qualcuno…quindi ingiusto ?
No, perchè se intendiamo con rigore tale “egoismo”, occorre farne l’elogio.

Chi può affermare, serenamente, che la possibilità di ritrovarsi amato o odiato non lo riguardi affatto ?
A conti fatti quale ingiustizia c’è nel voler essere amati da altrove ?
Nessun obbligo etico, nessun altruismo, nessuna sostituzione potrebbe imporsi a me, se il mio ego non resistesse per primo alla vanità e al suo “A che scopo ?”, quindi, se non chiedessi in primo luogo, e senza condizioni, per me, una rassicurazione da altrove.

Alla luce di tutto ciò LO STESSO EGOISMO AMMETTE UN’ALTERITA’ ORIGINARIA e rende quindi possibile, soltanto, eventualmente, l’esperienza dell’ALTRO.

 

 

Lezioni d’Amoreultima modifica: 2013-07-22T03:29:00+02:00da allan11
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