Rorty, ovvero…Gestapo o Stasi non cambia niente

Rorty è figlio unico di James Rorty e Winifred Rauschenbusch Rorty, due
scrittori socialdemocratici entusiasti di Trotsky, filocomunisti e
antimilaristi.

Il padre, James (1890-1973), scriveva poesie articoli di carattere
etico-politico per giornali. Il nonno paterno era un immigrato irlandese,
aspirante poeta; la nonna paterna, una maestra di scuola elementare di
convinzioni femministe

Drammatiche conseguenze

Ma il pragmatismo, che Rorty condivide, non è solo questo; ha a che fare
anche con ‘filosofia dell’azione’ (cfr. Sciacca 1952, p. 1884).
Una forma, a volte esasperata, di fare della verità una specie di candidato
‘democratico’ in una lista di tante presunte verità, in attesa di ottenere
la maggioranza dei suffragi per proclamarsi vere o non vere; e l’esito
dipende dall’efficacia della messa in scena e della pubblicità. Il
pragmatismo nega, in fondo, ogni verità e si risolve in una forma di
storicismo empirico e, da ultimo, di autentico materialismo; e, quando si
chiama religioso e spiritualista, in un fideismo non meno rovinoso, in una
specie di mistica dell’azione e della volontà, che, non sorretta da un saldo
principio razionale né da un concetto ben fondato della trascendenza, si
orienta verso l’immanentismo più radicale e perciò verso una mistica
dell’efficacia trasformatrice ed operativa dell’uomo, in vista della
instaurazione di una società futura sempre più idonea ad appagare i suoi
bisogni e a godersi i beni del mondo; cioè s’incontra con il marxismo
(Sciacca 1952, p. 1889-90, corsivi miei).

Verso l’abisso

Nel 1984, Rorty, a 53 anni, in uno scritto intitolato «La priorità della
democrazia sulla filosofia» (The priority of democracy to philosophy), si
rifà a Jefferson quando scrive che le questioni ultime (matters of ultimate
importance) «non sono essenziali per una società democratica», «non sono
essenziali per una coesione sociale», per cui «devono essere scartate»,
«forse per essere rimpiazzate […] con una sorta di esplicita fede politica
secolare che formerà la coscienza morale del cittadino». Per Rorty «dobbiamo
abbandonare o modificare le opinioni sulle questioni ultime» (Rorty 1984,
ora 1991, pp. 175ss., tr. it. mia; con rif. a Jefferson 1905). Per Rorty,
che si richiama esplicitamente a Jefferson, sono da abbandonare tutte queste
«opinioni sulle questioni ultime sul nostro posto nell’universo e la nostra
missione sulla terra» (Rorty 1984, ora 1991, p. 195, tr. it. mia). Nello
stesso saggio, Rorty finisce col dire che tutti quelli che non la pensano
come lui sono dei pazzi: «Noi eredi dell’Illuminismo pensiamo di persone
simili che sono pazze. Questo avviene perché non c’è modo di considerarle
come concittadini della nostra democrazia» (Rorty 1984, ed. it., vol. i, p.
248).

Lettere dal baratro comunista

In questo modo, Rorty mostra almeno due contraddizioni, entrambe
estremamente profonde. Prima contraddizione: da una parte, Rorty rifiuta
ogni fondamento, ogni questione ultima (o principio primo); dall’altro, fa
della democrazia un fondamento e una questione ultima (o principio primo).
Seconda contraddizione: Rorty da un lato assolutizza la democrazia come un
principio vero, di per sé evidente, indiscutibile, fondamentale; dall’altro
lato non è per niente democratico, né rispettoso, quando nega il diritto di
dissentire, di discostarsi dalla sua filosofia democratica, che finisce
coll’essere, più che una filosofia, una fede, ed estremamente dogmatica,
fondamentalista e intollerante, potenzialmente terroristica.

Come volevasi dimostrare

Da un punto di osservazione psicologico, è possibile ipotizzare che il
pensiero nichilistico di Rorty abbia alla base alcuni atteggiamenti e
bisogni nevrotici: un bisogno nevrotico di potere, inteso come «fondamentale
mancanza di rispetto verso gli altri», desiderio di «controllare gli altri
per mezzo dello sfruttamento intellettuale e della loro superiorità»
(definizione di Horney 1942 in Hall-Ginzey, ed. it. 1986, p. 184), oppure un
bisogno nevrotico di riconoscimento sociale e prestigio, oppure un bisogno
nevrotico di ammirazione della propria personalità, oppure un bisogno
nevrotico di prodezze; ma soprattutto un bisogno nevrotico di perfezione e
di inattaccabilità, tipico della persona «timorosa di sbagliare e di essere
oggetto di critiche, la persona che ha tale bisogno cerca di rendersi
irreprensibile e infallibile» (ibid., p. 185). Tutti questi bisogni
nevrotici potrebbero rientrare in un bisogno d’indipendenza e in un bisogno
di potere (ibid., p. 185).

In particolare, l’ateismo nichilistico dichiarato da Rorty potrebbe
accostarsi a quello che è stato chiamato «ateismo nevrotico», conscio,
inconscio o semiconscio (Raab 1993; cfr. Dacquino 1984, in part. pp. 174,
176), nel senso che potrebbe nascere da un transfert negativo, da una rabbia
di transfert (conscia, semiconscia o inconscia) contro figure parentali o di
autorità, avrebbe cioè alla radice problemi di identificazione negativa con
figure parentali o comunque autoritarie. Più facile è ipotizzare che un
ateismo nichilistico «nevrotico» di questo tipo sia stato acquisito non
tanto da Rorty in prima persona, quanto piuttosto dai suoi genitori, e poi
trasmesso da questi al figlio, che l’avrebbe semplicemente assimilato in
modo acritico e passivo. Ma queste sono solo ipotesi sulle motivazioni
psicologiche che hanno spinto Rorty a fare filosofia e a farla in un certo
modo.

http://mondodomani.org/dialegesthai/amu01.htm

Rorty, ovvero…Gestapo o Stasi non cambia nienteultima modifica: 2011-04-19T18:42:07+02:00da allan11
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