Neonazismo & ideologia femminista

La coalizione ideologica del «genere»

 Le ragioni abitualmente invocate per «giustificare» le pratiche che mirano
al controllo della vita umana sono da ricollegare alle due ideologie che piú
hanno segnato il mondo contemporaneo, quella socialista e quella liberale.
Oggigiorno, però, queste due ideologie sono oggetto di una duplice
reinterpretazione, che si articola attorno a due temi: il «genere» e il
«nuovo paradigma». […].

La rivisitazione del socialismo e del liberalismo

L’ideologia socialista

Parecchi temi fondamentali delle correnti ostili alla vita sono presi a
prestito dall’ideologia socialista. Tra questi troviamo l’idea di «umanità
generica», mutuata da Feuerbach (1804-1872). Solo il «genere umano» ha
veramente importanza; il singolo non è altro che una manifestazione
momentanea del genere umano, destinata alla morte.

La vita degli uomini, ivi compreso l’aspetto corporeo, dovrà pertanto essere
utile all’umanità generica ed essere organizzata in funzione delle necessità
della collettività: solo in essa, infatti, l’uomo «sopravvive» dopo la
morte. La società felice sarà caratterizzata da una pianificazione basata
sulla conoscenza scientifica dei principi che governano la materia. Gli
individui saranno gli ingranaggi, ora utili, ora nocivi, della macchina
sociale; dovranno essere trattati di conseguenza. Questa ideologia comporta
anche un sensualismo moderato solamente dagli imperativi derivanti dalla
trascendenza dell’umanità generica. Gli uomini avranno diritto al massimo
piacere individuale, purché questo sia compatibile con le esigenze della
specie.

Anche Marx (1818-1883) ha influenzato le correnti ostili alla vita con la
sua teoria della lotta di classe. Tra i proletari e i capitalisti, i deboli
e i forti, i poveri e i ricchi, la lotta, anche violenta, è inevitabile.
Alla tradizione marxista si ricollega anche la reinterpretazione
dell’internazionalismo. Le identità nazionali, le peculiarità regionali
devono scomparire affinché possa nascere il nuovo ordine mondiale.
L’influenza di Marx è evidente anche nella reinterpretazione del
messianismo, in virtú del quale spetta a una minoranza cosiddetta illuminata
spiegare ai comuni mortali quello che devono pensare, volere e fare. Questa
minoranza illuminata è l’erede del dispotismo illuminato del XVIII secolo;
ed è oramai presente nelle tecnocrazie internazionali che definiscono i
programmi di cui si è parlato. Si rifà invece a Lenin (1870-1924) l’idea di
una burocrazia che, debitamente inquadrata da tecnocrati illuminati, crea
una rete di organizzazioni internazionali a servizio della pianificazione
della vita umana.

Malthus e l’ideologia liberale

Le correnti favorevoli al controllo della vita umana devono la loro
concezione utilitaristica dell’uomo anche all’ideologia liberale. Tuttavia,
malgrado una parentela di fondo, questa concezione dell’uomo viene
presentata in maniera diversa dall’ideologia socialista, pur arrivando a
conclusioni vicine a quelle di quest’ultima. Gli argomenti addotti per
«giustificare» il controllo della vita umana rivelano la costante influenza
di taluni temi classici dell’ideologia liberale, che, nell’attuale
riformulazione, risale, perlomeno su un punto preciso, a Platone. È infatti
risaputo che il grande filosofo raccomandava uno stretto controllo
quantitativo e qualitativo della popolazione. La Città doveva limitare i
suoi abitanti e condurre una politica eugenetica. Malthus (1766-1834) è
l’erede di questa antica tradizione, nell’ambito della quale rappresenta il
piú grande teorico della sicurezza alimentare. Secondo Malthus, tra la
crescita aritmetica delle risorse alimentari e la crescita geometrica della
popolazione si crea necessariamente uno scarto. Si profila la penuria
alimentare e, con essa, lo spettro della fame. Non bisogna quindi
interferire nei meccanismi della Natura, che opera una saggia selezione
«naturale». Bisogna invece lasciar agire gli elementi frenanti grazie ai
quali coloro che, essendo meno dotati, sono poveri, vengono eliminati.
Nell’interesse loro e della collettività, sarà inoltre necessario
consigliare loro il matrimonio in tarda età e la continenza.

Malthus contribuisce pertanto a consolidare la visione essenzialmente
utilitaristica dell’uomo, che verrà sviluppata da Bentham (1748-1832). Il
povero è il vinto della libera concorrenza: è in piú perché non produce o
non produce abbastanza e ciononostante pretende di consumare. Il
malthusianesimo si va diversificando, male correnti che si accaniscono
contro la vita umana fanno sempre del suo nocciolo duro un punto di
riferimento fondamentale. Da attribuire all’eredità malthusiana è anche
l’idea che la povertà, come del resto la ricchezza, è un fenomeno «naturale»
che non deve creare complessi né sensi di colpa: è solamente un fenomeno
determinato dalle diverse attitudini degli individui.

Eugenetica e neomalthusianesimo

Sulla scia di Malthus, altri studiosi arriveranno a dire che la selezione
dovrà essere artificiale e che saranno i medici a doversene occupare. Galton
(1822-1911) sarà uno dei teorici piú influenti dell’eugenetica. Tra gli
individui, esistono differenze innate considerevoli, determinate dal
patrimonio genetico di ognuno. È di conseguenza inutile sperare che
l’ambiente, e in modo particolare l’educazione, possano migliorare le
prestazioni dei meno adatti. Per questo è necessario favorire la
trasmissione della vita tra i partner piú dotati e contenerla nel caso dei
meno dotati. Programmi di eugenetica di ispirazione galtoniana vengono
attualmente realizzati in vari paesi. Applicati con discrezione a Singapore,
sono stati per cosí dire ufficializzati nella Cina popolare, dove le coppie
possono procreare seguendo delle limitazioni, che variano a seconda della
«qualità» concessa ai genitori dalla burocrazia biocratica.

Tuttavia, l’odierna ideologia liberale deve molto anche alla tradizione
neomalthusiana. L’uomo ha il diritto e persino il dovere di esercitare il
suo controllo sulla trasmissione della vita; a questa tesi malthusiana,
però, il neomalthusianesimo associa la tesi del diritto al piacere
individuale. Quest’ultima trova la sua origine nella morale edonistica, vale
a dire la morale che fa del piacere – in questo caso sessuale il bene
supremo dell’uomo. Nelle loro manifestazioni piú radicali, le correnti
femministe applicheranno alla donna la tesi neomalthusiana del diritto al
piacere individuale, arrivando ad affermare che tutto ciò che può procurare
questo piacere è permesso, mentre tutto ciò che lo ostacola deve essere
eliminato.

È quindi evidente che la corrente neomalthusiana contribuisce fortemente a
diffondere l’idea secondo la quale nell’unione coniugale è opportuno
separare il piú possibile il piacere dalla procreazione. Il
neomalthusianesimo induce in questo modo all’amore libero e quindi alla
distruzione della famiglia. Secondo questa corrente, infatti, il matrimonio
comporta un impegno di fedeltà che ipoteca la libertà totale di cui ciascun
partner deve poter godere in qualunque momento e in qualunque situazione.

II connubio di socialismo e liberalismo

Oggi come oggi, le ideologie socialista e liberale e i fondamenti filosofici
sui quali si basano continuano a fornire i principali argomenti invocati per
«giustificare» il disprezzo della vita umana. Le due ideologie in questione
sono addirittura coalizzate a questo scopo, il che spiega la violenza, senza
precedenti nella storia, con cui ci si accanisce contro la vita umana. Altri
argomenti vengono forniti da alcuni temi ricorrenti quali quello
dell’internazionalismo, della lotta di classe e cosí via. Il tema
dell’internazionalismo, per esempio, ricompare sotto la voce «nuovo ordine
mondiale», che porta a mettere in dubbio il diritto delle nazioni di
disporre di se stesse e quindi della loro sovranità. Questa
«mondializzazione», o «globalizzazione», va di pari passo con una nuova
concezione del mercato.

Quest’ultimo deve essere mondiale; tutto deve essergli subordinato, la
politica come la produzione. In una simile concezione di mercato, gli
individui si vedono attribuire una semplice funzione. La lotta di classe si
ritrova sotto forma di opposizione tra forti e deboli, produttivi e non
produttivi, sani e malati, ricchi e poveri, Nord e Sud. La penuria,
inizialmente presentata come riguardante le risorse alimentari, viene ora
generalizzata a tutte le risorse e all’ambiente in generale. È chiaro che
una simile lettura della situazione conduce inevitabilmente a una
ridefinizione, a vantaggio di pochi privilegiati, del diritto allo spazio
vitale. Il messianismo professato da una minoranza «illuminata» viene
rivendicato da una nuova casta di funzionari internazionali, i quali, a
proposito di problemi di vitale importanza, assicurano di possedere un
sapere inaccessibile ai piú.

L’idea neomalthusiana del diritto degli individui al piacere viene ampliata,
diffusa ed esportata nei paesi poveri, dove serve innanzitutto a nascondere
le motivazioni inconfessabili che spingono i ricchi a voler controllare la
vita dei poveri. Il tema dell’umanità generica, che aveva già dimostrato la
sua efficacia nei sistemi razzisti e segregazionisti, ricompare nell’ambito
delle nuove etiche riguardanti la specie umana che celano una connotazione
razzista. Le tecniche biomediche attualmente disponibili permettono, a loro
volta, la programmazione di un’eugenetica scientifica. Bisogna evitare che
il «sangue impuro» contamini il «sangue nobile» di cui necessita la società
umana. Gli individui «inferiori» devono essere esclusi dalla trasmissione
della vita e né gli scienziati, né i poteri pubblici devono – viene
assicurato – sottrarsi alla responsabilità che spetta loro in questo campo.
Particolarmente preoccupante è l’uso perverso che può essere fatto della
biologia piú all’avanguardia, che esplora il genoma umano. Abusando delle
sue risorse, l’eugenetica potrà diffondersi e, con essa, anche nuovi criteri
di segregazione, presentati all’occorrenza sotto il nome di «qualità della
vita».

L’ideologia del «genere»

L’influenza congiunta della tradizione socialista e di quella liberale è
particolarmente evidente nelle due principali ideologie contrarie alla vita
in voga al giorno d’oggi: l’ideologia del «genere» (in inglese gender) e
l’ideologia del «nuovo paradigma». Pur dovendo molto al liberalismo
neomalthusiano, l’ideologia del «genere» è fortemente influenzata da Marx ed
Engels. Oggigiorno essa permea la gran parte delle organizzazioni
internazionali che si occupano del controllo della vita. Per quanto riguarda
l’ideologia del «nuovo paradigma», anch’essa è influenzata dalla tradizione
socialista. Essa rimane tuttavia piú vicina alla tradizione liberale piú
pura quando presenta la salute come un prodotto a servizio del mercato.

Il ripristino della lotta di classe
Per Engels, l’oppressione della donna è la massima espressione della lotta
di classe nella sua forma originaria. All’epoca del comunismo tribale era
predominante un sistema matriarcale secondo il quale i figli appartenevano
al clan della madre ed ereditavano da quest’ultima. Gli uomini, responsabili
dell’aumento della produttività, accumularono beni di valore sempre
crescente e fecero dei loro figli i loro eredi: nacque cosí il sistema
patriarcale. Le madri furono private dei loro diritti sui figli: è la prima
forma di alienazione. La nuova condizione della donna, derivata da questa
situazione, rappresenta il prototipo dell’opposizione di classe. «La prima
opposizione di classe che si manifesta nella storia coincide con lo sviluppo
dell’antagonismo tra l’uomo e la donna nell’ambito del legame coniugale»,
scrive Engels. La donna è la «prima serva dell’uomo», assicura la
tradizione, il che si traduce in maternità ripetute, lavori domestici,
emarginazione sociale. Il padre di famiglia vuole dare in eredità ai figli
la sua proprietà privata.

Secondo Marx ed Engels, il comunismo porterà a un superamento di questa
situazione: l’uomo e la donna saranno uguali nel senso che entrambi avranno
lo stesso status di lavoratori all’interno della società di cui saranno una
funzione. Piú precisamente, la donna, liberata da tutte le «schiavitú»
familiari, materne e domestiche potrà contribuire alla produzione
industriale. Se sarà necessario, gli impegni domestici e familiari che la
donna portava a termine nella sfera privata della famiglia saranno innalzati
al rango di «produzione» nella e per la società. I figli, legittimi o
naturali, beneficeranno dell’educazione data dalla società.

Ne deriva, per la donna, un duplice «beneficio»: da un lato potrà fornire il
suo contributo all’industria in qualità di lavoratrice, dall’altro potrà
cambiare partner sessuali a suo piacimento, in quanto la società sarà pronta
a farsi carico dell’eventuale prole nata da queste varie relazioni. n
sintesi, la prima divisione del lavoro è quella che si origina tra l’uomo e
la donna a causa dei figli. L’antagonismo tra i due è il primo antagonismo
che appare nella storia; esso si manifesta nel matrimonio monogamico e
nell’oppressione esercitata dall’uomo sulla donna. Il comunismo risolverà
questa situazione permettendo alla donna di essere operaia, facendo
scomparire il matrimonio monogamico, distruggendo la famiglia tradizionale,
introducendo l’amore totalmente libero, enfatizzando l’uguaglianza tra
l’uomo e la donna a tal punto da considerarli intercambiabili.

A partire dalla rivoluzione d’ottobre del 1917, in Unione Sovietica verranno
adottati numerosi provvedimenti in questo senso: essi figureranno nel codice
del 1926. L’ideologia del genere, pur sottolineando il riferimento al
liberalismo, conduce in realtà a questo progetto. La famiglia deve
scomparire, dal momento che essa non è luogo di complementarità bensí di
opposizione. Con lei scompariranno le relazioni di parentela, di maternità,
di paternità. L’uomo sarà ridotto alla condizione di individuo, momento
effimero sia dello Stato che del mercato.

L’influenza dello strutturalismo

Una corrente femminista molto attiva, che sviluppa l’ideologia del gender,
riprende queste tematiche presenti in Marx ed Engels. Essa distingue tra le
differenze sessuali biologiche (sesso) da una parte e i ruoli attribuiti
dalla società all’uomo e alla donna (genere, gender) dall’altra. Secondo
questa corrente, le differenze tra i «generi» umani non sono naturali, bensí
compaiono nel corso della storia e vengono create dalla società: sono quindi
culturali.

In questo modo di pensare si avverte chiaramente l’influenza dello
strutturalismo francese. Secondo gli ideologi del gender non è piú possibile
parlare di una natura umana. D’ora innanzi l’uomo è oggetto di scienza; è
una struttura, un insieme di «elementi tali che la modifica d’uno qualunque
di loro comporta la modifica di tutti gli altri». In quanto struttura,
l’uomo evolve e questa evoluzione permette d’altronde di risalire alle
radici profonde dell’uomo stesso: alle forme di vita animale e vegetale e,
in ultima analisi, alla materia. Da qui il rinnovato interesse degli
ideologi del genere per l’evoluzionismo di Darwin e per l’etologia, che si
propone di spiegare i comportamenti umani alla luce di quelli animali.

Ora, le società umane, in costante evoluzione, si danno delle regole di
funzionamento, dei codici di comunicazione, delle regole di condotta che
vanno generalmente sotto il nome di cultura. La cultura, con le regole che
comporta, è quindi in costante evoluzione. L’uomo stesso è inserito in una
struttura globale, economica e sociale, che spetta a lui rivoluzionare. Deve
modificare le regole di comportamento ereditate da strutture anteriori,
necessariamente arcaiche. Come vedremo, queste tesi strutturaliste
aumenteranno l’influenza di Marx ed Engels sulle ideologie del genere.

Disfare e rifare la società

Stando a queste ideologie, infatti, è necessario eliminare le differenze tra
uomini e donne e spetta alla classe oppressa, vale a dire quella delle
donne, fare questa rivoluzione. Secondo l’ideologia marxista, sono i
proletari ad avere un ruolo capitale nella rivoluzione. Secondo l’ideologia
del genere, questo ruolo spetta invece alle donne. Nella nuova dialettica
d’ispirazione marxista, le donne sostituiranno i proletari: si
riapproprieranno del loro corpo; controlleranno la loro fecondità e, per far
ciò, utilizzeranno le nuove tecniche biomediche. Lo scopo finale cui si
tende non è semplicemente l’eliminazione dei privilegi dell’uomo: è
l’abolizione totale di ogni distinzione tra le classi. È chiaro, però, che
questo scopo si potrà considerare raggiunto solo quando verrà abolita
qualsiasi differenza tra uomini e donne. Termini come «matrimonio»,
«famiglia», «madre» devo no di conseguenza essere eliminati, poiché non
corrispondono a nessuna delle realtà ammesse da questa ideologia; anzi,
richiamano alla mente situazioni storiche superate che l’ideologia deve
denunciare e distruggere.

L’ideologia del genere unisce quindi temi dell’ideologia socialista nella
formulazione data da Marx e temi dell’ideologia liberale nella formulazione
neomalthusiana. Prende l’avvio da una rilettura della lotta di classe,
rilettura che porta a conseguenze disastrose. La prima di queste conseguenze
richiama certe correnti gnostiche: dal momento che le differenze esistenti
tra uomo e donna devono essere abolite, la mascolinità o la femminilità, che
sono proprie di ciascun essere umano, non hanno piú nulla da esprimere
riguardo alla persona. Per l’individuo, il corpo non è altro che uno
strumento per provare piaceri di varia natura: eterosessualità,
omosessualità, per non parlare del piacere solitario, e poi ancora
contraccezione, aborto, ecc.; è cosí che l’ideologia del genere si
riallaccia all’ideologia neomalthusiana di Margaret Sanger (1883-1966).

Questa ideologia porta anche al disfacimento della famiglia. Secondo questo
modo di pensare, infatti, né l’eterosessualità né la procreazione ad essa
legata possono pretendere di essere «naturali»: sono dei prodotti culturali
«biologizzati» . È la società che ha inventato i ruoli maschile e femminile
e ciò che ne consegue: la famiglia. Per questo, bisogna instaurare una
cultura che neghi una qualsiasi importanza alle differenze tra uomo e donna.
Con l’eliminazione di queste differenze scompariranno il matrimonio, la
maternità e la famiglia biologica stabile.

Questa cultura ammetterà tutti i tipi di pratica sessuale e, allo stesso
tempo, respingerà qualsiasi forma di repressione sessuale. Questa ideologia
incide anche sulla società, esigendo dai poteri pubblici la ristrutturazione
della società stessa secondo l’ideologia del genere. Bisogna eliminare il
genere, perché appartenere a un genere significa aggrapparsi a un momento
sorpassato della storia, quello delle disuguaglianze e dell’oppressione.
Successivamente, bisogna ricostruire la società secondo l’ideologia del
genere, abolendo i ruoli che la vecchia società attribuiva rispettivamente
all’uomo e alla donna.

È chiaro che ci troviamo in presenza di un progetto che si propone di
sovvertire dei modelli culturali. Non si tratta semplicemente di aggiungere
nuovi «diritti» e, in modo particolare, «nuovi diritti della donna». Si
tratta di qualcosa di molto piú profondo: far sí che venga accettata una
reinterpretazione radicalmente diversa dei diritti già esistenti.

Il genere all’ONU

L’ideologia del genere, sviluppatasi nell’ambito di circoli femministi
radicali e divulgata tramite una miriade di organizzazioni non governative,
è stata accolta con compiacimento nelle assemblee internazionali, in modo
particolare al Cairo (1994) e a Pechino (1995). L’ONU stessa, e molte delle
sue agenzie, si è screditata accogliendola in maniera acritica e dandole il
suo appoggio. Dopo l’ONU, anche l’Unione europea l’ha fatta propria.
L’influenza che l’ideologia del genere esercita a livello di queste
istituzioni risulta chiara se si pensa al concetto di famiglia. Questo è
stato svuotato del suo significato tradizionale, tanto da venire utilizzato
indifferentemente per indicare unioni eterosessuali, omosessuali, situazioni
monoparentali, ecc.

Forti sono le pressioni esercitate affinché le nuove accezioni del termine
vengano incluse nel diritto. A piú di cinquant’anni dalla Dichiarazione
universale dei diritti dell’uomo (1948-1998) si cerca ancora, con vari
mezzi, di adulterarne il contenuto, se non addirittura di proporne una nuova
redazione. È chiaro che nell’ambito della discussione su ciò che è innato e
ciò che è acquisito, su ciò che viene dalla natura e ciò che viene dalla
cultura, l’ideologia del genere nega qualsiasi possibilità di esistenza
all’innato e al naturale. Tra il maschile e il femminile non c’è soluzione
di continuità e, tra i due, il punto mediano o equidistante è rappresentato
dall’ermafroditismo. L’idea stessa di differenze naturali fa orrore, per cui
queste differenze devono essere abolite. Ne risulta che non c’è nulla di piú
antifemminista delle femministe radicali che vogliono eliminare la
specificità femminile e ridurre ogni comportamento a dei ruoli i cui attori
sarebbero intercambiabili allo stesso modo degli ingranaggi che – seguendo
la metafora leninista – permettono il funzionamento di una macchina.

Gli ideologi del genere negano le evidenze piú lampanti, quali l’attrazione
reciproca tra l’uomo e la donna o il fatto che la maternità umana, lungi
dall’essere riducibile a una funzione biologica, rientra nella vocazione
della donna e contribuisce a costruire la sua identità. C’è comunque da
rilevare che la stragrande maggioranza degli uomini e delle donne non si
sentono complessati per il fatto di essere diversi. pur non ignorando il
peso della storia. Per di piú, è inaccettabile che l’ONU e le sue agenzie,
divenute complici attive di una dittatura ideologica, si siano arrogate la
competenza filosofica e morale, nonché l’autorità politica, di parteggiare
per una minoranza di femministe radicali di dubbia rappresentatività contro
la maggioranza delle persone di buon senso.

Neonazismo & ideologia femministaultima modifica: 2011-04-06T14:40:18+02:00da allan11
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